In questo mondo in cui è comune urlare le proprie esigenze, vere o indotte che siano, come sintomi di egopatie se non di egoismi esasperati, è simbolicamente rilevante apprezzare sempre di più il Silenzio, in tutte le sue forme simboliche.
Il Silenzio come cura del rumore: quel rumore continuo che circonda ed avvolge, ma soprattutto si interpone, come un disturbo diabolico, fra il soggetto e la sua realizzazione profonda. La voce del Sé che emerge quieta dal profondo della coscienza è autentica ma flebile e delicata. Essa si confonde e si disperde nel rumore; si manifesta e si diffonde nel Silenzio.
Il Silenzio come pulizia interiore è la possibilità che doniamo a noi stessi di ascoltare le vere istanze del corpo e dell’Anima.
Il Silenzio come pace è l’arresto delle perturbazioni mentali; la beatitudine eterna dei rari istanti di vera meditazione. “Pensiero è il pensiero del pensiero” scrisse James Joyce nel suo lucido delirio di ricerca dell’essenza. E’ nel Silenzio che si ricerca e si distingue il pensiero; quell’azione complessa e conseguente all’Essere cosciente: “Esisto, dunque penso”.
Il Silenzio come controllo è l’importante esercizio che garantisce la cosciente gestione non solo della propria parola, ma soprattutto della propria mente.
Il Silenzio come riservatezza, da usare con misura e come ulteriore esercizio di continenza.
Il Silenzio come dignità selettiva ed elettiva è utile perché le parole ed i pensieri siano scelti in funzione di chi si esprime, di chi ascolta e del linguaggio stesso.
Il Silenzio come solitudine feconda da contrapporre alla sterile e chiassosa promiscuità, che in mille rivoli caotici ed eterogenei disperde preziose energie, fra inutili polemiche fini a se stesse e finti dialoghi dove ognuno rimane sordo al suono diverso ed alle parole altrui. Una solitudine consapevole che non è follia e che, paradossalmente, permette di stare bene in compagnia, come ammoniva qualche anno fa Giorgio Gaber.
Il Silenzio come ascolto rispettoso degli altri e di se stessi, della natura e dell’Universo.
Il Silenzio come poesia, come bianca espressione di nitidezza e di gioia.
Il Silenzio come pausa, come riposo dalle attività, come immobilità e fermezza.
Il Silenzio come libertà che ha l’unico dovere di essere, senza obblighi di agire, di muoversi, di fare, di avere.
Il Silenzio come tolleranza che vive e lascia esprimere con amore.
Il Silenzio come pazienza che non teme l’apparente scorrere del tempo.
Il Silenzio come verità sicuramente immutabile nei diversi sistemi di riferimento.
Il Silenzio come segreto perfetto ed assoluto, che si nasconde come un tesoro personale.
Il Silenzio come positivo archetipo di Saturno, antico re italico dell’Età dell’Oro.
Il Silenzio come indispensabile ingrediente alchemico per la trasformazione del piombo in oro, per la realizzazione della Grande Opera: il Silenzio come Pietra Filosofale.
Il Silenzio come parola, mai ingannevole, mai dubbiosa: un’espressione simbolica di forme e di colori. Il silenzio come arte in questo quadro di Odilon Redon.
Non è chiaro se il volto enigmatico appare da un pertugio oppure è il riflesso di uno specchio ovale: l’evanescenza dei colori e delle forme, degli spazi e della luce, ne fanno un’allegoria del sogno lucido e dello stesso pensiero che sfugge e si dissolve rapido al mattino dopo una notte di insegnamenti segreti. L’indice è il dito di Giove (parola, oralità) ed il medio è l’emblema di Saturno (controllo, chiusura): con queste dita sulle labbra la figura evoca sottilmente un mistero, un’interiorità profonda che emerge con il linguaggio del simbolo come un messaggio onirico e fantastico della coscienza, e che invita, in Silenzio, al Silenzio.
Chi ha paura del Silenzio? Chi teme di oltrepassare le porte che il silenzio può aprire?