Il 17 marzo 2011 ricorre il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Dopo la Seconda Guerra d’Indipendenza e la positiva conclusione dell’avventura garibaldina nel meridione, una serie di plebisciti e alcune favorevoli circostanze di politica internazionale avevano di fatto riunito quasi tutto il territorio nazionale sotto la monarchia del Regno di Sardegna. Fu così che nel 1861 fu finalmente possibile proclamare la nascita del Regno d’Italia, simbolicamente riunito sotto la bandiera tricolore verde, bianca e rossa con lo stemma dei Savoia al centro. È interessante notare, come fece rilevare Marcello Sladojevich in occasione delle celebrazioni del bicentenario del vessillo, che il decreto di Vittorio Emanuele II che fissava in modo definitivo e preciso le posizioni dei colori, le loro dimensioni, le forme dell’asta ed ogni altro particolare della bandiera italiana risale al 25 marzo 1860, addirittura un anno prima di quello della proclamazione del Regno d’Italia.
Qualcuno potrebbe pensare che la bandiera italiana sia nata in quella occasione oppure durante le guerre d’indipendenza, ma la storia ufficiale insegna che fu il Congresso delle città emiliane confederate aperto il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia a decretare che il verde, il bianco e il rosso fossero i colori della bandiera della Repubblica Cispadana, antenata e primo nucleo della futura nazione unita. Si celebra, infatti, il 7 gennaio la festa della bandiera italiana, anche se pare che una coccarda tricolore fosse stata ideata e realizzata dal patriota Luigi Zamboni a Bologna già nel 1794.
Sui motivi e le origini della scelta dei colori del drappo non ci sono notizie storiche sicure. Certamente le vittoriose campagne napoleoniche della fine del secolo XVIII avevano portato gli ideali, i simboli e i valori della rivoluzione francese anche in Italia, ma pensare che il tricolore italiano sia stato realizzato soltanto ad imitazione di quello francese forse è una eccessiva semplificazione. Intanto perché il vessillo italiano aveva in origine sia bande verticali come adesso, sia bande orizzontali; inoltre in Italia l’uso dei tre colori simbolici è documentato come insegna fin dal Medio Evo, e c’è chi vuole leggere persino in Dante Alighieri una traccia del Tricolore nella descrizione delle tre Virtù Teologali che ricordano al poeta il rosso fuoco, il verde smeraldo e la bianca neve incarnandosi in tre donne danzanti, quasi una visione dei colori sventolanti nella bandiera che sarà (Purgatorio, 121-129):
“Tre donne in giro dalla destra rota
venian danzando; l’una tanto rossa
ch’a pena fora dentro al foco nota;
l’altr’era come se le carni e l’ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testè mossa;
e or parëan da la bianca tratte,
or dalla rossa; e dal canto di questa
l’altre toglien l’andare e tarde e ratte”.
È doveroso riconoscere, però, che una vera e propria coscienza nazionale italiana sia sorta con notevole ritardo nei confronti della maggior parte degli altri grandi Paesi europei, in relazione anche alla secolare mancanza dell’unità politica e amministrativa. Essendo la bandiera nazionale un emblema di appartenenza, con funzioni militari e civili di grande attinenza con i valori nei quali un popolo si riconosce, personalmente non credo che le origini del tricolore italiano possano essere molto anteriori al sentimento unitario e ai movimenti patriottici che cominciarono a svilupparsi appunto sul finire del XVIII secolo. Per cui è assai plausibile, al di là di antichi ipotetici riferimenti simbolici, che la bandiera italiana sia stata ideata ex novo in quel periodo.
È pur vero che la visione dantesca curiosamente richiama alla mia memoria i tre aspetti dell’Amore di Marsilio Ficino che ispirarono le danzatrici della Primavera di Sandro Botticelli, la danza armonica delle Grazie di Antonio Canova e i poemi di Ugo Foscolo, che a quella stessa scultura marmorea fece riferimento con gli inni incompiuti scritti fra il 1803 e il 1827 (Le Grazie, I, 4-8):
“...belle vergini! a voi chieggo l’arcana
armonïosa melodia pittrice
della vostra beltà; sì che all’Italia
afflitta di regali ire straniere
voli improvviso a rallegrarla il carme”.
In questi versi, così come Canova aveva usato il marmo per esprimere l’armonia più sublime, Foscolo usò la lingua, il più forte collante di un popolo, per auspicare il sollevamento morale della patria “afflitta” dalle dominazioni straniere.
Non si dimentichi lo spirito patriottico e ribelle che animò il giovane Foscolo, amante della bellezza, della libertà e della patria, e che lo fece combattere come ufficiale di fanteria con Bonaparte, criticare poi deluso la sua successiva politica, e infine fuggire dall’Italia in esilio volontario piuttosto che diventare suddito austriaco.
Foscolo fu un vero combattente, con le armi e con la penna, fonte di ispirazione per i romantici e per i patrioti del Risorgimento, che riconobbe nella purezza della lingua italiana il senso di appartenenza nazionale da tramandare ai posteri (Le Grazie, II, 583-585):
“Spesso per l’altre età, se l’idïoma
d’Italia correrà puro a’ nepoti,
(è vostro, e voi, deh! lo serbate, o Grazie!)”
Ecco che, come le tre Virtù Teologali dell’Alighieri creano e sostengono un’armonia di colori e di valori condivisi, le tre Grazie del Foscolo, ugualmente armoniche e belle, diventano le custodi della purezza della stessa lingua italica, e conseguentemente dell’auspicata unità della nazione.
A questo punto è ovvio che non si possa certamente affermare che la scelta dei tre colori della bandiera italiana abbia una qualunque relazione di causa-effetto con questi inni foscoliani, ma è anche evidente che il fermento culturale italiano a cavallo dei secoli XVIII e XIX, che vide anche Foscolo tra i protagonisti, rappresentò il manifestarsi di quei sentimenti unitari patriottici che produssero, fra le altre cose, i moti rivoluzionari, le liriche del poeta di Zante, la nascita delle società segrete carbonare, e la genesi della bandiera nazionale.
La bandiera è un simbolo di appartenenza importante, come dimostrano le cerimonie di sacralizzazione, e i numerosi episodi storici a riguardo. Si ricordino, per esempio, le parole dell’inno nazionale degli Stati Uniti d’America, che rievocano il furioso cannoneggiamento che gli inglesi inflissero alle postazioni degli insorti americani a Boston durante tutta la notte, e il sentimento di fiducia e coraggio che i cittadini provarono all’alba vedendo ancora sventolare il vessillo a stelle e strisce. Si ricordino ancora la storica fotografia dell’innalzamento della bandiera americana a Iwo Jima nel marzo del 1945 e quella che sanciva la conquista della Luna nel 1969; nonché quella del pennone sovietico issato sul palazzo di Berlino che decretò simbolicamente, ma anche di fatto, la fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa.
Si pensi infine al condottiero toscano Giovanni de’ Medici, detto Giovanni dalle Bande Nere, riconosciuto appunto per i suoi vessilli di colore nero, e comandante di “bande” di cavalieri di ventura. Questo ci porta all’antica etimologia del termine: la parola “bandiera” è una voce latino medievale già documentata in Italia settentrionale nel XIII secolo indicante un “drappo di stoffa attaccato a un’asta”. La parola provenzale “bandiera” deriva però dal germanico “band”, l’insegna che i popoli germanici adoperavano per indicare il luogo della raccolta di una “banda”, di un gruppo coeso, e per vincolarne l’onore. A tale proposito il longobardo Paolo Diacono nell’VIII secolo scrisse che i Germani chiamavano “bandum” la loro insegna: “...vexillum quod bandum appellant” (Historia Langobardorum, I, 20).
La grande importanza simbolica della bandiera non sfuggì ai padri della Costituzione Italiana dopo le lacerazioni della Seconda Guerra Mondiale e soprattutto della guerra civile del 1943-45. Tolto quindi lo stemma sabaudo, la Repubblica si dotò ufficialmente del tricolore come emblema di unità e di valori condivisi dalla nazione, così come sancito dall’art. 12 della citata Costituzione: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Sono certo che Dante Alighieri e Ugo Foscolo avrebbero approvato la scelta.
In conclusione una curiosità botanica: il corbezzolo (Arbutus unedo), è una pianta mediterranea con la singolare caratteristica di presentare contemporaneamente in autunno foglie verdi, fiori bianchi e bacche rosse, e per questo è chiamato “pianta tricolore” ed associato simbolicamente alla bandiera italiana.