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HALLOWEEN: NON SOLO DOLCETTO O SCHERZETTO!

a cura di Giovanni Pelosini
 

È tradizione nelle cittadine americane che i bambini si mascherino e si riuniscano in gruppi girovagando per il quartiere e bussando alle porte dei vicini nella buia serata del 31 ottobre. Di norma le maschere devono essere terrificanti: streghe, spettri e scheletri sono i soggetti più tradizionali e comuni, specialmente nel New England, ma ultimamente vanno di moda anche vampiri, serial killer, zombie, lupi mannari e altri simpatici mostri. La classica domanda rivolta a chi apre la porta è “Dolcetto o scherzetto?”.
A quel punto ai bambini vengono distribuiti generosamente dolciumi di ogni tipo, e altrettanto generosamente questi fanno più o meno simpatici scherzi.
Nella notte più tenebrosa dell’anno si tenta così di esorcizzare con un pizzico di allegria trasgressiva le più antiche e profonde paure che si annidano da sempre nel profondo dell’animo umano.
Fin dai tempi più antichi l’uomo ha dovuto confrontarsi con l’idea della morte del proprio corpo fisico: un concetto universale che è stato sviluppato nelle mitologie e nelle ritualità tribali anche come culto dei defunti e degli antenati. Spesso i riti funebri erano e sono anche un antidoto al dolore, allo smarrimento e alla paura di fronte all’ignoto; ovvero assumono valenze religiose, cultuali e sociali. In ogni caso il mistero della vita e della morte è presente con i suoi simboli, le sue iconografie, le sue ritualità in sintonia con i cicli stagionali e i ritmi che la natura ha sempre offerto all’uomo come scenario cosmico e come insegnamento fisico e metafisico.

L’archetipo della morte è strettamente implicato con il periodo dell’anno in cui il Sole transita simbolicamente nel segno dello Scorpione. È in questo tempo che iniziava l’Anno Ciclico del Sacro Calendario: con la pienezza dell’Autunno le tenebre cominciano in modo evidente a prevalere sulla luce, e inizia il semestre oscuro.
Nell’Europa agricola e precristiana si celebrava questo periodo come il più importante dell’anno con la festa di Samhain, il Capodanno celtico. È in questa antica celebrazione che si trovano le origini della tradizione ancora tanto popolare soprattutto nei paesi anglosassoni.

Negli antichi villaggi europei la notte fra il 31 ottobre e il primo novembre assumeva un carattere mistico ma non esclusivamente religioso: era il giusto periodo stagionale per ricordare gli antenati, coloro che erano passati nell’altra dimensione e continuavano, nell’immaginario collettivo, un’altra misteriosa vita nell’aldilà. Era il tempo nel quale gli sciamani e i druidi potevano superare le barriere dimensionali per dialogare con i morti visitando il loro tenebroso mondo, simbolicamente situato nel lontano occidente, dove il Sole muore ogni giorno. Ugualmente nello stesso periodo gli spiriti degli antenati avevano eccezionalmente la facoltà di tornare per breve tempo fra i vivi, approfittando dell’apertura delle invisibili porte dimensionali. 
In questa notte fuori dall’ordinario anche le strutture sociali dovevano subire trasformazioni eccezionali: le normali regole e consuetudini erano abolite, in analogia al caos che avrebbe dovuto regnare per tre giorni fino al 2 novembre, soverchiando ogni ordine costituito. Da qui l’usanza di mascherarsi, come in un pagano e ancestrale Carnevale autunnale, comportarsi in modo inusuale, compiere stranezze di ogni tipo: in quei tre giorni ogni stravaganza era approvata e diventava lecita, ogni trasgressione era la benvenuta, purché non si facesse niente di ordinario. Anche gli animali dovevano cambiare il loro luogo di pascolo, le recinzioni erano divelte e i cancelli tolti dai cardini, dimostrando così che anche la proprietà privata, come le altre regole, era provvisoriamente abolita.
In questa drammatizzazione collettiva i bambini interpretavano il ruolo degli orfani abbandonati a loro stessi; senza casa e senza famiglia vagavano per il villaggio; sporchi, magri e mal vestiti, e soprattutto affamati come spettri usciti dagli Inferi, chiedevano un po’ di cibo a chiunque incontrassero. Da qui nacque la tradizione dei bambini che ancora oggi vanno mascherati a chiedere “dolcetti” ai vicini di casa.

Samhain-Halloween era la notte straordinaria nella quale sia i vivi che i morti avevano uguale diritto di cittadinanza nel mondo.
Non è un caso che le celebrazioni dei defunti da sempre avvengano quando il ciclo stagionale mostra la natura stanca e invecchiata dopo la calura estiva, quando il verde degli alberi trasmuta in giallo, arancione e rosso, prima che i rami diventino scheletrici e sembrino morti, prima della lunga pausa invernale, quando sembra che la vita si sia trasferita sotto terra.
Ogni antica civiltà basata sull’agricoltura ha scandito le trasformazioni stagionali come rappresentazioni allegoriche e cosmologiche della vita e della morte. In Autunno si cominciava ad avere nostalgia del semestre luminoso e caldo; ma il rimpianto doveva accompagnarsi con la speranza di una futura rinascita della natura. Questo mistero annuale fu alla base della speranza di una vita ultraterrena, di un ciclico ritorno di coloro che ci avevano lasciato dolorosamente.
Con la stessa speranza di una futura rinascita primaverile si provvedeva a raccogliere cibo e legna da conservare e utilizzare durante l’Inverno, mentre i campi accoglievano i semi, così come la terra accoglieva le sepolture.
I semi erano come i morti che andavano ricoperti di fertile terra, sepolti ritualmente nel buio e nel freddo dei solchi. Quei semi erano sacrificati, e morivano perché da essi rinascesse la vita delle future nuove piantine.

Questo fu il pensiero mitico che accompagnò ogni civiltà contadina fin agli albori del Neolitico. Si tramandava così l’insegnamento mistico della vita che nasce dalla morte, un concetto archetipico che è nella natura stessa del segno dello Scorpione.
Il Sole a Samhain si trova proprio vicino al centro del segno dello Scorpione, sede che esalta Mercurio, Hermete Psicopompo, accompagnatore delle anime agli Inferi; e anche domicilio di Plutone, un tempo Ade, vero quanto occulto signore dello Scorpione e degli spiriti dei defunti, e ispiratore delle maschere terrificanti di Halloween.
I mistici videro anche in questa simbolica discesa agli Inferi l’allegoria dell’uomo che scende nelle profondità di se stesso, in corrispondenza simbolica con la stagione nella quale il Sole comincia a calare sempre più presto sotto l’orizzonte, laggiù, verso l’estremo occidente del mondo, dove si diceva un tempo fosse il mitico Giardino delle Esperidi, con la muta promessa di risorgere il giorno dopo dalla parte opposta.
Nello stesso modo il seme scende sotto terra, rinunciando simbolicamente alla propria vita, per sublimarla in una vita futura alla quale rinascerà sotto forma di rigogliosa piantina ricca di numerosi altri semi. Anche di questo mistero parla il Vangelo di Giovanni (XII, 24-25):

“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto: chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.”

La “morte” può quindi essere intesa come un passaggio dalla dimensione terrena a quella ultraterrena: un confine fra questo mondo e l’altro che diventa labile e incerto nelle evocazioni autunnali di Halloween.

Le tradizioni popolari sono un’eco della naturale ciclicità che lega indissolubilmente la vita alla morte, di questo antico mistero drammatizzato con l’interazione fra il mondo dei vivi e quello tenebroso dei morti, in analogia con l’ideale commistione di luce e di oscurità che si realizza al tramonto.
Una “maschera” tipica di Halloween è quella ricavata svuotando una grossa zucca, che è frutto stagionale, per poi ritagliare sulla sua superficie occhi, naso e un’enorme bocca con qualche dente aguzzo. All’interno si pone una candela accesa che produce un effetto grottesco e spettrale, simulando un teschio ghignante che illumina i giardini e i balconi, e divertendo i bambini (e non solo) che amano giocare con le proprie più profonde paure, che così sono esorcizzate.
A tale proposito rammento la leggenda britannica di Jack O’Lantern, simbolo della vita eterna in quanto condannato a vagare per l’eternità, perché rifiutato sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti, illuminando il suo cammino con una lampada ricavata appunto da una zucca: un’antica rievocazione dell’usanza celtica di tagliare e conservare le teste dei nemici uccisi in battaglia.

Recita una vecchia ballata irlandese:
“Un tempo a Samhain si cantava: Porto nella mia mano una testa, un eroe privo del suo carro funebre”.

Anche nei miei ricordi di bambino ci sono le zucche luminose e ghignanti in questo periodo autunnale, a dimostrazione che tale tradizione era viva anche in Toscana ben prima che la moda di Halloween fosse importata dagli Stati Uniti dopo essere stata in parte dimenticata in Europa, l’antico luogo delle sue origini. In Sicilia ancora oggi, in queste celebrazioni autunnali, si usa mangiare dolci di mandorle impastati a forma di teschio e di scheletro chiamati “Ossa dei morti“.
Molto simili, ma di diversa origine, sono le folkloristiche feste messicane, ricche di colori e di allegra trasgressione nei confronti della morte.
Dal mio punto di vista è curioso che anche in questo ambito l’Europa subisca una sorta di “colonizzazione” culturale americana persino attraverso tradizioni che un tempo furono spiccatamente europee, e delle quali purtroppo si è in gran parte perso il significato simbolico antico e profondo. Forse anche questa è una conseguenza della potenza evocativa del cinema, del quale gli Stati Uniti sono ancora egemoni nel mondo?

Da quell’antico scrigno di preziose tradizioni europee che è l’Irlanda la festa di Samhain-Halloween, intesa come celebrazione popolare dei morti, fu esportata negli Stati Uniti con gli emigranti intorno al 1850, diventando presto patrimonio culturale americano. Da qui l’industria cinematografica è stata il principale veicolo di diffusione mondiale di tale celebrazione, riportando anche in Europa una tradizione popolare che non si era ancora perduta del tutto, e che quindi  si è sovrapposta a ritualità indigene, anche italiche, mai estinte, e risalenti, tramite la più remota antichità pagana, fino ai culti neolitici.  
Oggi il fenomeno della celebrazione di Halloween, come tanti altri, è globale, e assume aspetti profani e commerciali che poco o niente hanno a che fare con il retaggio culturale delle origini: un segno del declino antropologico e della attuale deriva sociale dell’umanità, sempre più smarrita e priva di valori di riferimento, con paradigmi ormai obsoleti e seguiti passivamente e stancamente.

Risale all’VIII secolo la festa cristiana di Ognissanti del primo novembre. Ai tempi di Carlo Magno la celebrazione di Ognissanti cominciò a sovrapporsi alla festa pagana di Samhain, e più tardi lo spirito sincretistico, teso a continuare le tradizioni popolari vive e radicate fra i popoli europei, fece sì che la Chiesa istituisse la “Commemorazione dei Defunti” proprio il 2 novembre.
In quei giorni da millenni e senza soluzione di continuità si pensa con affetto ai propri cari estinti, e si portano fiori e lumi alle loro tombe: mai come in questo periodo i cimiteri sono frequentati.
La stessa parola Halloween ha una significativa origine: si tratta della contrazione di All Hallows Eve, la “Vigilia di Ognissanti”.

Tutti i Santi, tutti i sapienti del passato, i nostri più saggi antenati, coloro che ci insegnarono la via spirituale sono ricordati insieme nel giorno solenne del primo novembre.

Nonostante le tante profanazioni commerciali moderne, celebrare questa festività per entrare in sintonia con la vera dimensione dell’essere è ancora oggi un’occasione annuale di grande significato simbolico nonché religioso. La memoria di chi ci ha preceduto in questo mondo e nel misterioso passaggio verso l’altro va coltivata con rispetto, ma non con tristezza. Samhain, o Halloween, oppure Ognissanti, o comunque lo vogliamo chiamare, è un evento da vivere e celebrare in compagnia, magari ricordando, come era usanza antica, di offrire sempre un pensiero, un fiore, una porzione di cibo, o un calice di vino agli esseri invisibili che in quella magica notte si dice possano oltrepassare le barriere per venirci a trovare.

La materia si trasforma incessantemente nell’eterna ruota delle trasformazioni, sfidando per un brevissimo periodo la legge dell’entropia in quell’istante che ci sembra essere l’unica vita. L’osservazione della natura può invece farci sembrare ragionevole che, così come il semestre luminoso precede e segue sempre quello oscuro, se alla vita segue la morte, a questa seguirà un’altra vita.
Questo è il pensiero alchemico, simbolico ed evolutivo di Halloween. Analogo al messaggio nascosto nel mito di Persefone, relegata per i mesi oscuri nell’Ade per aver mangiato l’autunnale melagrana; in quello biblico dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male con un frutto proibito ugualmente fatale; nell’altrettanto fatale mela avvelenata che uccise Biancaneve, che però fu risvegliata dall’amore con un bacio.
Forse nel celebrare Halloween, con Montaigne dovremo ricordare che, tutto sommato, “la morte è il fatto più rimarchevole della nostra vita”; e questa riflessione dovrebbe spesso accompagnarci come il falco accompagna il falconiere, finché entrambi prendano dimestichezza reciproca e si abituino a un’esistenza comune, al fine di rendere il passaggio dimensionale più dolce e naturale possibile e di realizzare massimamente il vero senso della vita, altrimenti sfuggente e vago nella ordinaria quotidianità.




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