In un periodo in cui soffiano i venti di protesta verso l’Unione Europea e si risollevano i movimenti nazionalisti, in Francia i sondaggi preannunciano una grande affermazione del Front National.
Il partito nacque nel 1972 per volere di Jean-Marie Le Pen e subito si collocò all’estrema destra, scegliendo anche un simbolo marcatamente nazionalista e ispirato a quello del Movimento Sociale Italiano.
La fiamma svettante in alto con i colori nazionali era già, infatti, il logo storico della destra italiana nostalgica del regime. A Le Pen fu sufficiente rimodulare leggermente la grafica e sostituire il blu al verde per ottenere un efficace emblema nel quale i nazionalisti della destra francese potessero riconoscersi.
Gli elementi simbolici erano e sono di antico richiamo: innanzi tutto il fuoco possiede la duplice valenza di energica azione e di focolare domestico, incarnando in tal modo le istanze dei conservatori, tradizionalisti ma tutt’altro che moderati. Inoltre le fiamme salgono verso l’alto, e il movimento di ascesi induce l’inconscio a rivolgersi al progresso e all’ottimismo.
Ma i tre colori sono senza dubbio gli aspetti simbolici più rilevanti, richiamando la bandiera nazionale (detta comunemente drapeau) e lo spirito patriottico che molti francesi hanno sempre manifestato con energia.
Il tricolore francese risale ai tempi della rivoluzione e fu molto popolare fin dagli ultimi anni del XVIII secolo. Nacque ancor prima della Repubblica, visto che la tradizione ne afferma una genesi sostanzialmente monarchica, anche se poi divenne l’emblema della prima Repubblica nel 1794.
Pare che fosse blu il mantello del cavaliere Martino, fra i primi canonizzati di origine celtica, che il santo tagliò per donarne un pezzo a un povero mendicante infreddolito. E rosso era il colore di Saint Denis, patrono della città di Parigi. Forse per questo il blu e il rosso erano i colori della capitale francese, ma il bianco era il colore della famiglia reale francese, consacrata alla Vergine Maria fin dal tempo di Luigi XIII: un colore caro al popolo perché simbolo della purezza e antico emblema di Giovanna d’Arco, la pulzella che riscattò l’onore patriottico nei tempi cupi in cui la Francia era frammentata e in gran parte dominata dagli inglesi. L’accostamento delle tre bande nel tricolore fu quindi figlio probabilmente di un tempo nel quale il popolo parigino, primo attore della Rivoluzione Francese, ancora pensava di poter riformare lo Stato mantenendone l’istituzione monarchica a garanzia dell’unità e della tradizione. Tale speranza durò soltanto pochi anni, e fu definitivamente accantonata con la decapitazione di Luigi XVI il 21 gennaio 1793, ma il tricolore rimase e crebbe in popolarità nel cuore dei francesi.
I valori della Rivoluzione Francese divennero presto valori universali e i tre colori (non per caso adottati già in precedenza dalla bandiera degli Stati Uniti d’America) furono il veicolo in tutto il mondo dei princìpi fondanti della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, e in generale dei diritti fondamentali dell’uomo. Analoga genesi pare che abbia avuto il tricolore italiano nelle coccarde del XVIII secolo, anche esso ispirato al trinomio di valori umani, mentre non è storicamente dimostrata la sua presunta derivazione dal drapeau francese.
Il popolarissimo simbolo del Front National per lungo tempo però non è stato sufficiente a Jean-Marie Le Pen per avere un rilevante successo elettorale: la legge francese, quasi sempre fortemente maggioritaria con sbarramenti elevati, non ha favorito l’emergere di un movimento che è rimasto lungamente marginale nella storia politica; né le affermazioni del suo leader e fondatore, spesso estremiste, provocatorie ed eccentriche, lo hanno mai aiutato a tessere alleanze spesso decisive nei ballottaggi.
La svolta ci fu con le elezioni presidenziali del 2007, nelle quali Jean-Marie Le Pen sconfisse il candidato socialista e andò al ballottaggio con il gollista Chirac. Ma l’anziano e combattivo leader (nato il 20 giugno 1928) non ebbe poi la forza di competere con il populismo della destra di Sarkozy e perse gran parte dei consensi. Dal 2011 la guida del partito è passata alla figlia Marine Le Pen, che appare più moderata e raffinata del padre, anche se non è meno decisa, tenace e combattiva.
La sua è una destra estrema e nazionalista, ma decisamente laica, con istanze sociali contrarie all’ultraliberismo e molte tematiche care a chi nutre sentimenti antieuropeisti.
La sfida attuale di Marine Le Pen è quella di riuscire a cavalcare la crescente protesta euroscettica e anti-sistema, vitalizzata dalle contraddizioni della globalizzazione, dalla pesante crisi economica e dallo storico progredire del declino continentale, convincendo però anche l’elettorato più moderato, e quindi mantenendo qualche distanza dai movimenti più xenofobi e razzisti che si stanno organizzando soprattutto in Olanda e Austria alla ricerca di una alleanza antieuropeista nel prossimo Parlamento Europeo.
La nuova leader dovrà anche sapersi smarcare dal retaggio estremista e xenofobo dell’ingombrante padre, che aveva spesso confuso il partito con il proprio clan familiare, creando quindi un movimento più moderno e dall’aspetto più democratico e meno populista.
La sua ambizione è quella di avere un grande consenso in patria, con la prospettiva di diventare Presidente della Repubblica, e di essere poi la guida continentale delle rivendicazioni nazionaliste, antieuropeiste, antiglobalizzazione, e in parte antiliberiste e anticapitaliste, di tutto il continente. Il suo partito ormai non può più essere superficialmente definito solo un movimento di estrema destra, ma sembra che stia andando oltre queste ideologiche e superate categorie. Il 25 maggio 2014 il suo eventuale, e per molti probabile, successo elettorale potrebbe essere il segnale di un cambio drastico del panorama politico aprendo nuovi scenari futuri a tutt’oggi difficilmente immaginabili.
L’auspicio è che, qualunque tipo di nuovo scenario politico e culturale Marine Le Pen contribuirà a far nascere, non si perdano mai di vista quei valori ormai fondamentali ma mai scontati che da un paio di secoli vivono come speranza nei cuori degli europei e nei simboli tricolori: la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Con questi tre princìpi come faro, dai tempi della Rivoluzione Francese in poi, l’Europa si è avviata lentamente e con mille contrasti sulla strada dello sviluppo e del benessere dei popoli; dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale ha quindi scelto la strada dell’unione e della pace. Soprattutto la pace è ciò che di più positivo le ultime generazioni dei popoli dell’Unione Europea hanno sperimentato. Sarebbe tragico sottovalutare questo grande risultato, e presto Marine Le Pen, se vittoriosa, dovrà saper gestire con lungimiranza e intelligenza le stesse trasformazioni che oggi persegue con il suo simbolo blu, bianco e rosso.