“Once in a Bluemoon" si dice in inglese di un avvenimento inusuale, poco frequente, come le due Lune Piene consecutive in Bilancia di questa primavera astrologicamente elusiva, segnata dal lungo retrogrado di Mercurio in Pesci con le ripetute congiunzioni a Nettuno, in cui anche ciò che presumibilmente doveva essere chiaro e definito si è rivelato ambiguo e sfuggente.
Il ciclo iniziato a 0° del segno, insieme all'Equinozio di primavera, si conclude a 29°, appena prima che il Sole entri in Toro, raggiungendo Urano e che Venere abbandoni il segno della sua esaltazione, i Pesci. L'aspetto centrale della lunazione, il largo quadrato a T con Plutone, il Nodo Sud e Saturno, richiama ancora il severo monito della Luna Nuova in Ariete: c'è un prezzo da pagare per il cambiamento che tanto desideriamo.
Se il gran trigono di fuoco dello scorso weekend, amplificato da Giove, ha risollevato il tono dell'umore e riacceso le speranze, regalandoci un meritato sollievo e spostando lo sguardo dal passato, da quel che, volenti o nolenti, dobbiamo abbandonare a ciò che possiamo conquistare, dalle rinunce, dalle perdite alle possibilità alle nuove mete, la Luna Piena ci rivela il percorso impervio per raggiungerle.
Ci sarà ancora molto da rivedere e rivalutare: Giove è appena tornato retrogrado e presto lo imiteranno i due protagonisti dell'anno, Saturno e Plutone, sempre tallonati dal Nodo Sud. Saremo costretti a rimettere discussione anche le convinzioni che ci sono più care nella fatica di scoprire ciò che può sopravvivere ad una trasformazione radicale.
Venere, che governa la lunazione, ci può fare da guida. Nel transito in Pesci l'abbiamo sperimentata nella sua forma più sublime (e sublimata), artistica, mistica e sottilmente erotica proprio mentre Urano entrava nel suo domicilio naturale e più terreno a sconvolgerne i ritmi pigri e le sicurezze granitiche. Anche noi dovremo nei prossimi mesi (e anni) imparare a trovare rifugio e conforto in qualcosa che va al di là della pura dimensione materiale.
Ma l'insegnamento fondamentale del momento resta quello della Bilancia: dall'esercizio quotidiano dell'equilibrio, che non è stasi, immobilità ma continuo aggiustamento. Che non può essere perfetta simmetria ma, come nell'arcano della Giustizia, uno scarto quasi impercettibile dell'asse.
Per quanto ci possa sembrare impossibile, ci troveremo psicologicamente a imitare quelle ginnaste che con grazia infinita e apparente facilità volteggiano sulla superficie minima della trave. E risalgono, indomite, quando cadono.