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PLUTONE IN ACQUARIO : IL CERVELLO TRANSUMANO E IL PRIMATO DI QUELLO UMANO SECONDO CHOMSKY

a cura di Elena Cartotto
 

C’era un tempo il gesto dello scrivere su carta che veicolava il pensiero. Era il gesto prevalente per esprimersi attraverso la forma scritta, sebbene nel tempo sia stato affiancato dall’uso di strumenti prima meccanici come la macchina da scrivere e poi via via sempre più tecnologici fino ad arrivare a pc, tablet, smartphone. In certi contesti odierni la presenza del comando vocale, molto utile in tutta una serie di circostanze, va completamente a sostituire perfino l’atto del digitare che risulta ormai dominante rispetto alla scrittura a mano.

La manualità connessa alla scrittura ha sempre espresso la connessione profonda tra il pensare e l’agire. Non a caso la grafologia, disciplina che ha dei fondamenti scientifici, sebbene non sia, ad oggi, considerata una scienza esatta, studia la grafia delle persone a prescindere dai contenuti. La grafologia è inapplicabile a un documento testuale mediato da dispositivi e noi, usando dei dispositivi per scrivere, diventiamo sempre meno consapevoli del legame che c’è tra il nostro pensare e il nostro fare.  Chi non è nativo digitale mantiene comunque un radicamento in questo substrato profondo che lega parole e azioni. I nativi digitali, invece, immersi fin da subito in un universo indistinto di “click” in cui digitano in modo automatico lettere che non richiedono di essere disegnate e accompagnate nella loro elaborazione, probabilmente avvertono meno l’effetto decisivo che il pensiero può avere sulle azioni.

Mente e corpo in un mondo connesso 24 h, si possono, paradossalmente, disconnettere con facilità, complice l’infinito spazio virtuale in cui sono solo le menti ad essere connesse. Questo può, seppur parzialmente, spiegare tante situazioni di ordinaria follia come quelle in cui ci si ferma a filmare gli incidenti invece di soccorrere le vittime, in cui ci si mette in pericolo per scattare una fotografia. Per non parlare della tendenza a compiere gesti efferati e criminali nelle famiglie, contro le donne, gli animali; tendenza sempre più in crescita come testimoniano quasi quotidianamente i mezzi di informazione, quasi che il corpo non fosse più sotto il controllo della mente. Eppure, pare strano, se si pensa che siamo nel progredito XXI° secolo.

Plutone in Acquario, forte del lascito dei due titani, Urano e Nettuno, che l’hanno preceduto in questo segno, dà tutto il senso di questo scollamento del pensiero sempre più proiettato verso la propria espansione ed autoconservazione in una sorta di futuristico iperuranio che, forse, non sarà altro che lo sviluppo ogni giorno più accelerato dell’Intelligenza Artificiale.

L’Acquario è un segno d’Aria che da sempre la tradizione associa all’intelletto, al mondo delle idee, alle forme d’arte concettuali e legate al suono. Opposto al Leone sede del Sole e di conseguenza dell’Io che proprio attraverso la simbologia del Sole si rapporta alla propria coscienza diventando consapevole di se stesso, l’Acquario è, invece, legato alla collettività, ossia al dissolvimento dell’Io: dissolvimento che diverrà assoluto nei Pesci. L’Acquario è, però, l’unico segno dello Zodiaco a non avere in sé, né come domicilio, né come esaltazione o trasparenza, pianeti personali. I pianeti personali vanno dal Sole a Marte e tutti gli altri segni li contemplano al proprio interno in una posizione evidente o defilata. Perfino il Capricorno l’altro grande “freddo” dello Zodiaco governato da Saturno e Urano, si porta dentro l’esaltazione di Marte. E il Sagittario apparentemente costituito da soli pianeti transpersonali, ossia Giove, Nettuno e la morpurghiana X, recupera in trasparenza la Luna. L’Acquario, invece, è domicilio primario di Urano, domicilio base di Saturno, esaltazione di Nettuno e trasparenza di Plutone. Come a dire che l’Acquario è l’unico segno veramente transumano per usare un termine ormai fortemente adoperato nelle analisi sociologiche moderne.

L'intelligenza artificiale scrive poesie a tema: basta darle un’indicazione in merito. Può essere il passare del tempo, la primavera, l’amore, i ricordi; poesie che possono essere apparentemente più risonanti di certe produzioni umane. L'intelligenza artificiale scrive storie, libri, lezioni per gli insegnanti, omelie per i preti, canzoni. Fa video, disegni, fornisce consigli medici e finanziari. In questo contesto è possibile pensare che i processi strategico-decisionali dei potenti relativi a temi scottanti come guerre, pace, clima, congiunture economiche, siano esenti dalle indicazioni dell’AI? Naturalmente no. Se uno studente chiede un aiuto a chatGPT per una ricerca, e un agente immobiliare per una strategia di vendita, perché non dovrebbe farlo un Ministro, un Capo di Stato, un consesso di persone autorevoli chiamato a valutare delicatissimi temi di impatto globale? Per quanto sembri fantascientifico dirlo, ma ormai viviamo già in quel mondo di fantascienza che tanti scrittori visionari in passato avevano intuito, l’Intelligenza Artificiale è seduta tra loro, ragiona con loro, è al tavolo dei potenti, come un convitato di pietra: è già in azione un cervello transumano orientato a prendere decisioni relative alla collettività.

Gli uomini, grazie al web, sono depositari di una quantità incredibile di informazioni come mai avvenuto prima, sebbene parcellizzate e frammentarie. Contemporaneamente, nelle società avanzate, sono sempre più sgravati da oneri fisici e nello specifico manuali. La pandemia ha inciso enormemente nella riorganizzazione del lavoro in termini di smart working e ha ampliato il business degli acquisti online. La formazione a distanza, a cui l’esperienza della DaD, ha conferito autorevolezza, è diventata ormai un modello di erogazione di conoscenza e apprendimento. Spuntano come funghi scuole e corsi di ogni tipo, non sempre certificati, che si avvalgono di piattaforme. L’Università stessa, antico tempio del sapere legato a centri geografici ben precisi, oggi trova espressione in tante realtà virtuali diverse che consentono di sostenere esami e acquisire titoli a distanza senza che sussista un rapporto autentico tra lo studente, i professori e l’istituzione universitaria stessa. Alcune scuole dell’obbligo stanno sperimentando lezioni in presenza senza libri in cui ci si affida completamente al tablet per lo studio e l’esecuzione di compiti. Robottini sperimentali sono già attivi in alcuni settori, come in certi ospedali, con il compito di trasportare e condurre a destinazione, ad esempio, i pasti della mensa.

Vivremo un periodo ibrido tra umano e robotico? Probabilmente, ma poi? Al netto delle molte utilità che potranno derivare da questa rivoluzione tecnologica in cui siamo immersi, il controllo sul pensiero e sulla libertà, da cui dipende la dignità dell’essere umano non è mai stato così in gioco. Nel passato lo sviluppo di grandi innovazioni come auto, telefono e televisione rappresentava, sì, un cambiamento di forte impatto sociale, ma era sempre un processo governato dall’uomo.

Una voce in controtendenza e per certi aspetti rassicurante rispetto alla regolamentazione del rapporto tra intelligenza umana e artificiale viene dal noto filosofo e linguista Noam Chomsky che più volte ha dichiarato che “la mente umana non è, come ChatGPT e i suoi simili, un ingombrante motore statistico finalizzato al “pattern matching”, che si ingozza di centinaia di terabyte di dati estrapolando la risposta più probabile in una conversazione o la risposta più probabile a una domanda scientifica. Al contrario, la mente umana è un sistema sorprendentemente efficiente e persino elegante che opera con piccole quantità di informazioni; non cerca di dedurre correlazioni grezze tra dati minimali, ma di creare spiegazioni”.

Chomsky spiega che qualsiasi spiegazione di tipo umano non è necessariamente corretta. Il nostro essere fallibili fa parte di ciò che significa pensare: si procede per tentativi ed errori. La stessa scienza parte da ipotesi che in un certo momento storico diventano teorie in grado di spiegare la realtà in quanto capaci di rendere conto dei dati a disposizione. Poi arrivano altri dati, nuove informazioni, ulteriori conoscenze: a questo punto l’uomo riconosce l’errore e lo corregge ed eventualmente ridefinisce i propri paradigmi di pensiero. L'intelligenza non consiste solo in congetture creative, ma anche in critiche creative. L’Intelligenza Artificiale è, invece, bloccata in una fase non umana o, se si vuole, pre-umana in quanto non ha la capacità critica che caratterizzerebbe qualsiasi tipo di “intelligenza”, perfino quella infantile, a cui può bastare un solo caso specifico, senza bisogno di accumulare milioni di dati, per fornire una risposta rapida e intelligente.




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