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SOFFERENZA E PSICOLOGIA

a cura di Gianfranco Casalis
 

Come risolvere le difficoltà della vita? Questa domanda è quella che viene per la maggior parte rivolta allo psicologo.

Spesso l’essere umano è spinto dalla ricerca della "felicità" ad evitare la fonte del suo turbamento. Chi soffre un disagio e chiede un aiuto psicologico è teso inconsciamente a cercare una chiave interpretativa di ciò che sta vivendo e una possibile soluzione. L’essere umano ha sempre cercato di reagire alla sofferenza attraverso valori legati a particolari dimensioni storiche. Tali esperienze, attraverso l’evoluzione della coscienza sono state sistemate all’interno di una disciplina particolare, la psicologia dinamica.

La psicologia dinamica può essere definita come quella corrente all’interno delle scienze psicologiche che non soltanto si occupa della coscienza, ma soprattutto dei fenomeni sotto la superficie e rivolge il suo interesse alla personalità nel suo complesso. Il sogno, infatti, è un esempio di quei fenomeni che sfuggono alla nostra volontà, che nasce ed emerge in modo spontaneo di là del nostro controllo. La psicologia dinamica, meglio definibile come psicologia del profondo, non vuole limitarsi a identificare soltanto il reale con ciò che conosciamo, ma spinge la sua indagine verso l’ignoto, anche se tutto ciò può sembrare paradossale a chi vive all’interno di una cultura esclusivamente razionale. E’ nei primi anni del Novecento che la psicologia del profondo comincia a strutturarsi e si evolve grazie al pensiero di Freud e di chi come Adler e Jung hanno collaborato a tali profondi concetti anche se in un secondo momento se ne sono differenziati.

La sofferenza psicologica va intesa come una domanda che richiede urgentemente una risposta. Forse la risposta più adeguata può essere quella che si riferisce al concetto di creatività che, per quanto concerne la psicologia del profondo, può nascere nella relazione tra paziente e psicoterapeuta proprio perché è in quel tipo di relazione che la realtà dell’anima prende corpo a prescindere da qualsiasi modello teorico. Per chi approda ad un percorso psicologico è importante comprendere che il suo malessere non si esaurisce nel sintomo manifesto, evidente, quale ad esempio un attacco di panico o il bisogno tassativo, obbligato di lavarsi compulsivamente le mani. Il sintomo rimanda ad un disagio più profondo e rappresenta il modo attraverso cui il conflitto inconscio si esprime avendo chiaro in mente che è tutta la personalità ad essere coinvolta e che il sintomo stesso rappresenta una risposta alla sofferenza. Tutto ciò che ci circonda è il prodotto della creazione dell’essere umano, anche se nell’ottica religiosa spetta a Dio la creazione dell’Universo. Sembrerebbe che l’essere umano abbia attinto da quella scintilla interiore che alberga nel profondo della sua anima la capacità creativa che non si esprime soltanto nel generare qualcosa di nuovo ma anche in un modo diverso di percepire e rappresentare la realtà data.

Nella relazione psicologica la creatività è la nascita di un sentire diverso, di un "essere" distinto che emerge in modo naturale dalle profondità dell’essere. Lo psicologo dovrebbe essere in grado di ricostruire insieme al paziente questo sentimento d’"essere" nella sua esistenza storica e nel mondo. Nella sofferenza psichica occorre trovare quella domanda che spinge alla ricerca del senso per creare una risposta che non resti una vuota parola. Nessun essere umano può essere rapportato ad un altro. Ogni essere umano ha un’identità psichica che in sé accoglie un enorme valore. Questa identità rimanda alla presenza sul piano interiore di una personalità specifica, peculiare che può essere inibita nelle sue manifestazioni esterne per la tendenza ad uniformarsi, massificarsi e, quindi, bloccare la libera manifestazione di se stessi. La capacità di esprimere se stessi non è legata ad un apprendimento che passa per vie esterne, ma strettamente legata alla dimensione interiore dell’individuo. L’uniformità, la massificazione, derivano dalla tendenza a ripetere. La ripetitività ci massifica, ci evita di sviluppare pensieri personali e ci schiavizza ad assumere opinioni prese a prestito dagli altri e costituisce il modo di esprimersi della pulsione di morte. Combattere la ripetitività significa combattere per la vita, lasciare libera l’anima che si muove verso una creazione continua. La ripetitività ci allontana dalla vera fonte divina che alberga fuori e dentro di noi in quanto frena ogni possibilità creativa, ogni possibilità di rinnovamento che è presente in ogni modello religioso. Lo psicologo, se vuole aiutare gli altri a liberarsi da schemi ripetitivi, dovrebbe a sua volta liberarsi dai concetti mutuati dalle diverse teorie e vivere ogni relazione come unica e singolare.

Rispondere alla sofferenza psichica consiste nel fatto di tentare di recuperare la dimensione individuale creativa che ci consente di instaurare una relazione dialettica e quindi critica, con i valori collettivi. L’ambiente, compreso il grembo materno, hanno condizionato e condizionano profondamente il nostro essere che per evolversi dovrebbe soffermarsi a riflettere su tali condizione e prendere atto che lo stato di coscienza dell’individuo è del tutto relativo. L’essere umano dovrebbe essere aiutato a comprendere che il bisogno di differenziarsi ha un prezzo da pagare in termini di solitudine, di conflitto, d’insicurezza, poiché il mondo ragiona secondo parametri collettivi riponendo la propria fiducia in ciò che è conosciuto e scontato. La strada creativa individuale costituisce l’unico orientamento che lo psicologo può offrire a chi soffre, poiché l’individualità è la sola possibilità di ricostruire nell’individuo una condizione di libertà. Il mondo vive un serio pericolo se l’uomo viene escluso dalla sua naturale creatività. Lasciare fluire questa naturale creatività tra gli esseri umani può essere l’antidoto contro la distruzione e la morte sia interna sia esterna e l’affermazione di un soddisfacente benessere.




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