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I SIMBOLI DEI PARTITI : LEGA NORD

a cura di Giovanni Pelosini
 

Campeggia, nell’emblema elettorale della Lega, la figura di un guerriero in armatura, con la spada sguainata e sollevata verso il cielo.

Il gesto sembra invitare le schiere a raccolta, prima di uno scontro decisivo, mentre la gamba sollevata indica che il guerriero sta iniziando a muoversi, probabilmente verso il nemico.

"Seguitemi!", sembra dire, rivolgendosi ai suoi, ed il suo atteggiamento spavaldo, vuole chiaramente indicare l’assenza di paura, ovvero la certezza della vittoria nel prossimo scontro.

L’armato si muove con tale sicurezza che potrebbe anche evocare un segnale di vittoria già ottenuta, come si può intuire dallo scudo abbassato: in tal caso, egli chiamerebbe a raccolta i suoi uomini per festeggiare il trionfo.

In ogni caso l’immagine è aggressiva e ben si addice ad un partito politico giovane, vivace e populista, che ha fatto dell’identità locale la propria bandiera.

La figura storica rievocata è quella di Alberto da Giussano, comandante dell’esercito della Lega Lombarda che sconfisse l’imperatore Federico Barbarossa a Legnano il 29 maggio del 1176.

Il condottiero divenne famoso per aver guidato i valorosi soldati della Compagnia della Morte in battaglia e per aver difeso strenuamente il Carroccio, simbolo della libertà delle città lombarde contro la dominazione imperiale.

Alberto era valoroso e di alta statura e, per questo, era detto il "Gigante", rappresentando così un punto di riferimento, anche visivo, per gli altri combattenti, ma la sua più grande fortuna fu quella di credere nei simboli e nella loro decisiva importanza.

Il Carroccio ebbe, infatti, un ruolo decisivo nello svolgersi dello scontro: le milizie popolari lombarde erano più numerose, ma, essendo costituite prevalentemente da fanti inesperti, si trovavano oggettivamente in svantaggio contro i cavalieri tedeschi, pesantemente armati e meglio addestrati.

Il Carroccio era un carro sacro e militare trainato da buoi che portava le insegne delle città della Lega. Su questo carro si celebrò ritualmente una messa prima della battaglia per sacralizzare i simboli identificativi dell’esercito: tali stendardi, dall’alto del carro, sarebbero stati visibili anche a tutti i fanti, rinforzandone il morale.

I trombettieri e la leggendaria campana "Martinella" issata sul carro diedero poi i segnali acustici che furono un riferimento costante per ogni soldato durante tutto il corso dell’aspra battaglia.

Alberto da Giussano, avendo compreso la grande funzione di questi simboli, li mise in massima evidenza e li difese ad ogni costo con il manipolo della Compagnia della Morte, un gruppo di combattenti che avevano giurato di morire piuttosto che permettere al nemico di raggiungere il sacro Carroccio.

La sua abile strategia portò i lombardi alla vittoria e fece di lui un eroe leggendario, soprattutto nell’immaginario romantico ottocentesco, cantato anche nella rievocazione poetica di Giosuè Carducci (Della canzone di Legnano; il Parlamento, 41-45):

"Or si fa avanti Alberto di Giussano.

Di ben tutta la spalla egli soverchia

Gli accolti in piedi al console d’intorno.

Ne la gran possa de la sua persona

Torreggia in mezzo al parlamento …"

Il personaggio del simbolo sembra quindi più richiamare la retorica nazionalista del periodo compreso fra le guerre d’indipendenza e la prima guerra mondiale, piuttosto che l’episodio storico vero e proprio: Alberto da Giussano è in ogni caso un mito adatto a rappresentare il moderno bisogno di autonomia delle regioni del settentrione d’Italia, così come fu protagonista della lotta dei comuni contro l’autorità imperiale germanica nel XII secolo.

La scelta del simbolo appare invece assai meno adatta se si considera che la Lega Lombarda nata nel Medio Evo aveva come primo alleato proprio il Papa di Roma, mentre il moderno partito autonomista padano non sembra manifestare alcuna simpatia per la capitale.

L’altro simbolo presente nell’emblema è il Sole delle Alpi, un fiore verde a sei petali inserito in un cerchio che richiama un antico disegno celtico inneggiante al percorso quotidiano ed annuale del Sole. Il disegno richiama anche la ruota, che, similmente alla simbologia orientale di origine indoeuropea, è anche un’allegoria del divenire ciclico, del Karma, del calendario sacro e del Sole stesso.

Lo scorrere eterno del Tempo è qui rappresentato misticamente come una ruota, rimarcandone la ciclicità. Il Tempo lineare è, infatti, un concetto razionale moderno che nell’antichità aveva poco senso. Al contrario, il Tempo ciclico era uno degli aspetti sacri della realtà che implicava l’eterno ritorno delle stagioni così come il quotidiano alternarsi del dì e della notte: allegorie anche della reincarnazione delle anime, credenza diffusa nelle nazioni celtiche ed in tutti i popoli indoeuropei antichi.




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