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L'EREMITA

a cura di Rosanna Sotgiu
 

Il Bagatto è sempre in cammino e, anche dopo l’ammonizione della Giustizia, vuole proseguire nella conoscenza, ma fermandosi e riflettendo sul valore della carta precedente, comprende una grande verità: il vero viaggio non si compie all’esterno di sé, ma nel proprio intimo. È lì il santuario interiore della propria coscienza, lì che si cela la reale possibilità di cambiamento, di comprensione e di elevazione ai piani superiori di consapevolezza.

Solo nel silenzio possiamo udire il nostro cuore!

È rappresentato come un vecchio viandante che, collegandosi alle esperienze dell’intera umanità, è in grado di accendere la luce dello spirito (la lanterna) che potrà illuminare i suoi passi nel mondo delle esperienze, MAI privo di tentazioni (il serpente!). Nell’altra mano ha un bastone sul quale si sorregge per proseguire il suo cammino a volte su terreni impervi e pericolosi.

L’età avanzata sta a rappresentare che la Saggezza deve maturare dalle esperienze vissute, dall’alternarsi di entusiasmi e delusioni, il ché non caratterizza necessariamente una età oltremodo adulta, ma sottolinea che solo le esperienze che sono state vissute ed elaborate possono diventare bagaglio di vera crescita e consapevolezza, non quelle che si attraversano senza cognizione di significato.

L’iniziato non è colui che sa tutto, è piuttosto colui che riesce a portare la verità ad un livello profondo della sua coscienza, con come sovrastruttura intellettuale, ma come una parte del suo essere, come un “mantello” che lo avvolge.

Egli non sta svolgendo alcun lavoro, né è immobile a meditare, ma cammina senza fretta e senza tregua, ha superato il binario “estasi - azione” per coniugarle nel cuore, dove risiede il sapere divino. Il cuore è il sole del microcosmo.

Eliphas Levi nei suoi Studi Sull’Alta Magia, definisce l’Iniziato “colui che possiede la lampada di Trismegisto, il mantello di Apollonio e il bastone dei patriarchi” e sottolinea che l’olio e il fuoco nella lampada fanno luce sulla vera conoscenza.

La barba bianca ci indica la saggezza, la profonda capacità di introspezione e di ricerca.

Ritroviamo qui i simboli dei quattro verbi dell’Alta Magia, collegati ai quattro elementi: la “trasmutazione” del piombo in oro alchemico, ottenuta attraverso un complesso procedimento di crescita interiore.

Nelle precedenti tappe l’Iniziato aveva acquisito la conoscenza dei segreti della legge degli Opposti e dell’Equilibrio Universale, pertanto, dopo avere compreso il senso della Giustizia Suprema, ora può spingersi sui piani superiori della manifestazione sottile e toccare le vette del Sapere.

Il bastone sul quale si appoggia e tutto l’insieme della carta mostrano l’immagine del Volere che si nutre, soprattutto, di solitudine. 

Il paesaggio circostante privo di amenità, ma abitato solo dal serpente (che gli rammenta le asperità che costelleranno il suo percorso) e  la luce tenue che emana dalla lampada (cuore) sono il simbolo dell’Osare, il desiderio di andare avanti nonostante tutto.

L’abbigliamento allude al segreto e alla discrezione che sono le virtù specifiche di colui che ha imparato a Tacere.

Il Volere è legato all’elemento Fuoco, il Sapere all’Acqua, l’Osare all’Aria ed infine il Tacere alla Teraa. Questi erano i quattro elementi sul tavolo del Mago, nella carta numero 1, che ora, in questa tappa, si “riempiono” di significato …..

Bisogna Voler Sapere e avere la capacità di Osare di proseguire nella conoscenza, quando questa ci porrà le condizioni di responsabilità che tale conoscenza implica e poi sapere essere tanto umili da comprendere che questo percorso può essere fatto solo all’interno di sé, non può essere frutto di insegnamento ad altri, e quindi non dobbiamo fregiarci di tale opera, ma dobbiamo saper Tacere e al massimo indicare agli altri il cammino, che dovranno per forza fare da soli, non accompagnati dalle nostre parole-esperienze, perché sono esperienze del profondo non comunicabili.

Ognuno ha il proprio cammino e semmai uno di noi fosse riuscito ad intraprendere il proprio non deve proprio “sbandierarlo” come un trofeo …. È un cammino continuo, irto di prove e suscettibile di ricadute. Quando si inizia tale percorso non si può più ricorrere alla presunzione di “essere arrivati”, si comprende bene che esso è lungo e infinito, con prove e rivelazioni sempre in crescendo in relazione all’impegno investito. La vera conoscenza è il TAO (la via) non la vetta!

Il vecchio calza sandali di colore grigio (il colore del “già vissuto”), ha profondi solchi sulla fronte e la barba bianca che sono indici di limpidezza di pensieri e di intenzioni allo stato puro: è l’uomo che va alla ricerca della verità, con calma e pazienza, con l’ausilio della sua logica (il bastone).

Ha un mantello di colore marrone (rosso + nero = volontà di andare verso l’ignoto), ma con la fodera blu (simbolo della trascendenza) che lo riparerà dalle insidie del mondo materiale (il marrone dell’esterno); sul bastone vi sono 7 scanalature, i nodi mistici che di volta in volta lo sosterranno nell’impervio tragitto della sua crescita spirituale.

L’abito giallo lo aiuterà nell’oscurità del cammino e gli rifletterà la luce interiore con la quale sta procedendo (la lampada).

L’eremita tuttavia dovrà affrontare una grande tentazione, nel momento in cui comprenderà la vacuità delle lotte nel mondo materiale, che è quella di ritirarsi a vita ascetica, senza tornare a combattere nel mondo della manifestazione per costituire esempio agli altri.

È il mito della Caverna di Platone.

Platone immagina gli uomini chiusi in una caverna, incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada alcuni uomini che svolgono le attività del “vivere” quotidiano. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza di coloro che sono sulla “strada” poiché ne colgono solo l’ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte e l’eco delle voci, che quindi scambiano per realtà.

Platone immagina che un uomo incatenato possa finalmente liberarsi possa volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell’esistenza “vera” degli uomini sopra il muricciolo di cui prima aveva percepito solo le ombre.

In un primo momento, l’uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce del Sole (la verità), la visione delle cose sotto questa luce lo destabilizzerebbe a causa dell’abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati.

I compagni, in un primo momento, lo deriderebbero, ma l’uomo liberato non può più tornare indietro e concepire il mondo come prima, limitandosi alla sola comprensione delle ombre.

E colui che ha “visto” il vero Bene, dovrà e saprà correre il rischio di non essere creduto e di non potersi più riadattare e riabituare al buio, quando ritornerà nella caverna.

Nel mito della caverna la luce del fuoco rappresenta la conoscenza, gli uomini sul muricciolo le cose come realmente sono (la verità), mentre la loro ombra rappresenta l’interpretazione sensibile delle cose stesse (l’opinione). Gli uomini incatenati rappresentano la condizione naturale di ogni individuo, condannato a percepire l’ombra sensibile (l’opinione) dei concetti universali (la verità), ma Platone insegna come l’amore per la conoscenza possa portare l’uomo a liberarsi delle gabbie incerte dell’esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo.
Tuttavia per la legge del Libero Arbitrio, l’Iniziato potrebbe rinunciare a coniugare compiutamente i quattro Verbi e decidere di errare all’infinito tra la parvenza della Verità e la reale sostanza della stessa.

La lettera ebraica che la rappresenta è la TET, che ha valore numerico di nove. Rappresenta la bontà, infatti la prima apparizione di tale lettera è nella parola TOV (= buono). Il Talmud insegna che se uno sogna di una TET è di buon auspicio.

Le prime Tavole della Legge (Esodo 20:2-14) sono diverse dalle seconde (Deuteronomio 5:6-18). Nella prima versione appaiono tutte le lettere dell’alfabeto tranne la TET, che appare nella seconda stesura e precisamente nel quinto comandamento: “e tu abbia bene”.

Gli studiosi spiegano: Dio sapeva che Mosè avrebbe rotto le prime Tavole e se in esse vi fosse stata scritta la parola TUV (bontà), ciò avrebbe significato che si sarebbe spezzato tutto il bene della terra.

Per togliere all’uomo questa angoscia, Dio sottrasse la TET dalla prima versione. Inoltre nella seconda versione vi erano diciassette lettere più della prima.

Il valore numerico della parola TOV (bontà) è proprio diciassette!

Tra le lettere che formano i nomi delle dodici tribù, non vi sono né HET né TET, che congiunte, formano la parola CHET (peccato).

Questo sottolinea che i figli di Giacobbe erano senza peccato e che seguivano la Torah sebbene non fosse ancora loro stato ordinato di farlo. (Ruth).

Quindi, i nomi delle tribù intagliati nelle pietre del Pettorale del Sommo Sacerdote, non contenevano la parola peccato. (Zohar)

Le altre due lettere che mancavano dai nomi delle tribù sono la Tzadik e la Kuf, lettere che insieme formano la parola KETZ (la fine dei giorni). Prima della sua morte, Giacobbe voleva rivelare ai suoi figli la fine dei giorni dell’attesa, cioè il giorno in cui sarebbe arrivato il Mashiach (Messia), ma la volontà di Dio era che tale giorno non dovesse essere rivelato, e così le lettere TZADIK e KUF non appaiono nei nomi delle dodici tribù.

Significati: Cedere ,Ritirarsi, Desistere, Abbandonare, Rassegnarsi, Piegarsi, non opporre resistenza.

Ora passiamo alla fase pratica: quando si presenta l’Eremita indica principalmente un tempo fatto di lunghe attese, di grande indagine interiore, di necessità di isolamento, di bisogno di riordinare e ripercorrere le proprie credenza, di fugare le ombre della confusione, di cercare dentro e solo dentro di sé le risposte.

Bisogno di meditare, di uscire dal vortice incontrollato della vita frenetica superficiale di allargare i propri orizzonti, di scendere più in profondità nell’analisi delle situazioni per un diverso livello di comprensione. Desiderio di trovare la propria strada, quella vera. Desiderio di studio profondo, di amore saggio, spirituale.

Viceversa al contrario potrebbe indicare un periodo di misantropia, di avarizia, di timori, lunghe attese, false credenze o ideologie, percorso errato.

Bisogna fare molta attenzione alle carte limitrofe.

Se usata per indicare un personaggio, sarà sicuramente un tipo taciturno che preferisce dare l’esempio piuttosto che fare sermoni.




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