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IL DIAVOLO

a cura di Rosanna Sotgiu
 

La Lama è la raffigurazione simbolica di questa tappa estremamente significativa: per il Bagatto rappresenta il momento più difficile ed insidioso del suo cammino. Dopo avere superato le tappe precedenti, egli ha aperto il suo “Terzo Occhio” (la stella a cinque punte sulla fronte del Diavolo) e questo gli permette di arrivare alla possibilità di trasformare la materia grezza in soluzione pregiata: il “solve et coagula” degli alchimisti.

L’immagine del Diavolo ci evoca la “caduta”, la penalizzazione, la costrizione della libertà, la solitudine della scelta tra il bene e il male. È l’Angelo caduto riconoscibile in ciascuno di noi, artista di tentazioni ma anche maestro nel farci incontrare la nostra “parte d’ombra” senza la cui conoscenza non potremo evolvere e risolvere i conflitti.
Lucifero, portatore di Luce, è la metafora usata per alludere alla rifrazione nella materia da parte del Creatore. L’Arcangelo, dunque, è l’immagine stessa del principio Divino, che la sostanza densa e materiale riflette qui capovolta.

È il simbolo delle forze contrastanti che abitano il cuore dell’Uomo, creato sì ad immagine divina, ma “lasciato” al proprio destino di libertà di scelta. Solo riuscendo ad emergere dalle tenebre riconosceremo la “vera” luce, la luce divina. Il diavolo simboleggia la natura dell’uomo, la sua ambiguità, le passioni, gli istinti ai quali è incatenato indissolubilmente in quanto uomo. L’Iniziato deve imparare a gestire queste forze, a riconoscerle e a superarle. Ordine e Disordine sono due visioni della stessa Divinità.

Anche in questa lama riconosciamo i quattro elementi: l’aria – le ali; l’acqua - le squame sulle gambe che rievocano una natura marina; il fuoco – la testa di capro; la terra – gli zoccoli.
Come vediamo i quattro elementi sono miscelati, debbono essere scovati, non sono più così lineari come erano nella prima Lama.
Sono già stati modificati dal nostro percorso, e in questa lama sono molto adulterati. Tutto il resto del “racconto grafico” ci indica contrasti, tranelli, incertezze, sfide.
Una testa di caprone, su un corpo di donna nella parte superiore (a mostrare il conflitto tra maschile e femminile della natura inferiore) e di anfibio-terrestre nella parte sottostante.
Una bestia non catalogabile, mistificata da simboli antitetici, come lo sono le nostre parti più profonde, crogiuolo di passioni contrastanti, istinti incontrollabili, volontà poco chiare.

Questo essere evoca le sue contrastanti origini: bestiale – con la parte inferiore (ad indicare i bassi istinti) e umana, con la parte superiore (ad indicare la supremazia della ragione, anche se la testa stessa è di colore rosso che lascia prevedere una ragione comunque dominata dall’istinto). La parte mediana del corpo, a forma di donna, è l’ambito nel quale questo conflitto potrebbe risolversi.

Ma questa è la prova da superare: conoscere il “male” dentro di noi e fuori di noi, per modificarlo e purificarlo.
Qui però l’Iniziato riconosce e sa di avere acquisito gradi poteri; la tentazione, forte ed inconscia, è quella di collaudare il suo “potere” contrastando il bene, Dio.
Tenterà di sedurre la materia, ma non riuscirà ad impedire lo scorrere della Vita.
Egli può solo provare a governare la materia, gli è stato delegato il Regno degli Inferi, e le sue ali possono volare solo di notte (ali da pipistrello) e, prive dell’organo visivo (come i pipistrelli), debbono fare uso di altre facoltà.

Ma la lusinga forte è proprio quella di dominare gli altri uomini, quelli che tuttora sono fortemente legati alla materia, che non hanno ancora intrapreso un cammino di evoluzione, che si accontentano di poteri materiali, anche se effimeri.
Questo è il punto del cammino nel quale gli pseudo-maestri rimangono intrappolati, il desiderio di esercitare il proprio potere può indurre ora l’iniziato a smarrirsi: il bagatto-iniziato potrebbe ora chiedersi a cosa gli serva tutto quello che ha appreso se non può sfruttarlo per ottenere, per possedere e per godere della sua nuova condizione di “illuminato” ?
Per superare questo crocevia, ossia la scelta tra la Via Giusta e quella Errata, il Bagatto sarà chiamato al sacrificio massimo, alla rinuncia ... al lasciare andare tutto (la torre).
I falsi profeti, assicurano stupefacenti meraviglie, fanno breccia nell’ignoranza e nella credulità popolare, creando barriere insormontabili al loro divenire.
Ma l’esperienza iniziatica consiste proprio nella lotta contro il Diavolo. Un conflitto in cui la natura materiale dell’uomo, per mantenere la propria supremazia, si contrappone all’essenza divina riposta al suo interno, negandone l’esistenza. Un precipitare nelle tenebre, conoscerne la consistenza ed uscirne indenni.

L’Iniziato deve necessariamente incontrare i suoi istinti peggiori a questo punto del cammino, altrimenti inconsapevolmente diventerà “il diavolo di se stesso”, il suo peggiore nemico. Solo combattendo una lotta morale, spietata e dolorosa contro le proprie “imperfezioni” riuscirà a raggiungere la liberazione, completamente trasformato e pronto per le tappe superiori.

Per combattere il “peccato” si può solo percorrere la Via del Divenire, dominando con l’intelletto la sfera delle passioni e degli istinti, e proiettando il proprio sé terreno verso il sé soprannaturale.
Sulla fronte del “Diavolo” è posta una Stella a cinque punte, simbolo della Natura Illuminata che ha la possibilità di raggiungere il 5° stadio (1°minerale, 2°vegetale, 3°animale, 4°umano, 5°celeste).

Nelle mani sorregge due “fonti di luce” una torcia ed un lingham. Sugli organi genitali spicca la chiave della vita: una delle due che la Papessa ci offriva per aprire la porta della Conoscenza. Egli è raffigurato su un piedistallo, a sottolineare la supremazia che può ora esercitare nei confronti delle altre due figure presenti.
Il procedimento alchemico che propone con il Solve et Coagula consiste nel condensare la luce astrale per illuminare il cammino. Andiamo ad analizzare a fondo i due termini: "Coagula" si riferisce alla coagulazione degli elementi dispersi in un tutto integrato, proponendone una nuova sintesi, mentre “Solve” significa dissolvere, disperdere, diluire. Così il significato finale di questo procedimento è proprio TRASFORMARE, è la formula con la quale gli alchimisti effettuavano questa trasformazione, è quindi un processo dove qualcosa viene decomposta nei suoi elementi primari, producendo una energia che costringe la ricostruzione in una forma finale più pura.

Sino dai tempi più remoti i filosofi hanno cercato di comprendere i meccanismi soggiacenti all’ordine universale, oggi lo ritroviamo anche nei processi scientifici: analisi e sintesi, prima decomponiamo qualcosa nelle sue parti e quindi costruiamo un tutto nuovo, migliore e più saldo.
Durante tale processo accade il rilascio dell’Energia Primaria. Dissoluzione quindi e ricomposizione. Morte e rinascita. Perché questa situazione alchemica si possa effettuare occorre il Fuoco, la sua forza purificatrice e trasmutatrice, il principio solare che tutto trasforma, il principio di Vita che crea e dissolve. Ma il fuoco di cui parlano gli alchimisti non è un fuoco fisico, quello che agisce sulla materia trasmutandola in continuazione è il Fuoco del Roveto Ardente di cui parlò Mosè, quel Fuoco che discende sui Cristiani nella Pentecoste, è il Fuoco Sacro del Tempio che governa ogni cosa ed ogni angolo dell’Universo. Quale è quindi l’opera dell’Alchimista? Ricollegarsi a quel Fuoco, prendendo coscienza di quello Spirito Eterno, disgregatore e trasmutatore che vive in noi e di cui facciamo parte. Ritrovare in noi il principio Uno di ogni atto.
Operando il “Solve et Coagula” si penetra nel mistero intimo della materia riappropriandosi della sua intima essenza, separandola dalle impurità che la rendono pesante e ne offuscano la Luce.
Si partecipa alla trasmutazione di un corpo che sia idoneo ad accogliere e a dar forma alla Vera Luce per la realizzazione di quel “corpo di Luce” che permetta all’Uomo Nuovo di innalzarsi, finalmente, alla dimensione Cristica a cui è destinato.

Il grande pericolo che ora incombe sull’Adepto sta nella possibilità che egli confonda le due fonti di luce:  quella della torcia gialla e quella del Lingam rosso nell’altra mano.
Se sbaglia, la sua caduta sarebbe irrimediabile perché nessuna forza, neppure le ali della TEMPERANZA, potrebbero salvarlo.
Osserviamo altri particolari: il piedistallo su cui poggia il Diavolo ha sì una forma cubica (che ci riporta alla essenza della materia) ma è costituito da tre gradini rossi alla base e tre (rovesciati) alla sommità: rappresentano l’elemento alchemico di catalizzazione che permette la realizzazione dell’Opera.

Ora esaminiamo l’Arcano alla luce dei numeri.
È formato dall’Uno e dal Cinque, possiede quindi le qualità magiche dell’Unità ed è invisibile come la Quintessenza.  Ma 15 si ottiene anche facendo la somma teosofica dei primi cinque numeri (1+2+3+4+5), a sottolineare che in ogni fede impera la funzione catalizzatrice del Male.
Se lo scomponiamo in 1 + 14  avremo il Bagatto che deve amalgamare le due parti di sé.
Se lo scomponiamo in 2 + 13 comprenderemo come la Consapevolezza Superiore ci permetterà di superare la morte iniziatica che prelude alla rinascita spirituale.
Se lo scomponiamo in 3 + 12 penetreremo il concetto che dopo avere riseminato le nostre bivalenze (12) dovremo dare vita ad un nuovo IO (3).
Scomponendolo in 4 + 11 capiremo quanta Forza ci occorre per superare la visione materiale del mondo, i suoi 4 elementi e ricercare la Verità Superiore.
Il Papa e la Ruota ci permetteranno di comprendere che solo con la fede riusciremo ad AFFIDARCI al ritmo della vita, non evitandone alcuna prova utile alla nostra crescita.
L’Innamorato e l’Eremita ci sottolineeranno che la scelta della via è un atto solitario, intimo, e il cammino non è garantito esente da ostacoli (Eremita).
Il Carro con la Giustizia ci ricordano che ognuno di noi deve trovare il coraggio di andare avanti, rispettando sempre l’Ordine già precostituito. La vera “rivoluzione” possibile è solo quella interiore.

Fase pratica:  quando abbiamo la carta del Diavolo dobbiamo ricordare che in linea generale indica Energia, allo stato puro, non ancora canalizzata, per la quale occorre un discernimento oculato da mettere in atto, altrimenti potremmo essere vittima di un qualunque tipo di “esplosione”. Indica altresì istinto, passionalità, può mostrare dedizione a vizi, irrazionalità, ma anche il momento in cui abbiamo la possibilità di capire il nostro inconscio, comprensione dalla quale, se ben incanalata, potremmo trarre vantaggi per il proseguimento del nostro cammino interiore.
Indica lo sforzo evolutivo, l’ambivalenza nel godere o superare il potere terreno, scontro fra due opposti, mettendo a nudo la debolezza umana verso gli eccessi, la seduzione, gli istinti più primitivi.

Corrispondenza lettera ebraica SAMEK  (Torchio) - (valore numerico matematico = 60)
Funzioni: OPPRIMERE (verbo transitivo), Schiacciare, Pressare, Picchiare, Premere, Tenere sotto, Stringere, Pesare. Essa è la lettera che indica il fecondare, l’inserire il seme nella vagina.
Deriva dal disegno di un antichissimo strumento tondo per schiacciare i cereali, nel quale era contenuta la farina schiacciata. Ha forma di tondo quasi esatto con una lieve linguetta ascendente verso sinistra.

La lettera SAMECH rappresenta sostegno, protezione e memoria. Condivide un destino con la Mem finale: vediamo quale: le scritte dei Dieci Comandamenti furono scavate in maniera che le Tavole fossero completamente forate da una parte all'altra. (Esodo 32:15) Conseguentemente le aree centrali delle lettere SAMECH e MEM FINALE non avevano un supporto fisico ed avrebbero dovuto cadere.
Il Talmud ci racconta che avvenne un miracolo: "Nelle tavole, i centri delle SAMECH e delle MEM FINALE erano sospesi." Quindi esse non crearono un vuoto, ma i loro centri rimasero “sospesi”.

I valori numerici delle due lettere stanno per le due parti della Torah: MEM (40) indica la Torah Scritta, che è stata data a Mose’ in 40 giorni e 40 notti; e SAMECH (60) per la Legge Orale, che consiste di sessanta trattati talmudici. Le due lettere hanno forma simile per dimostrare che la Torah Scritta e quella Orale sono tra loro complementari ed indivisibili. La Torah dice: "insegnatelo ai figli di Israele e ponetelo nelle loro bocche" (Deuteronomio 31:19). Racconta un Midrash che per fare conoscere le lettere dell’alfabeto sacro ai bambini non ancora in grado di leggere, i genitori cuociono dei dolcetti a forma di lettera e poi li spalmano con il miele, suggerendo ai bimbi di leccare il miele (nella direzione nella quale la lettera sarebbe scritta) per poi “mangiare” la lettera.




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