Ci sono relazioni che restano per tutta la loro durata dentro a canoni di eticità e di rispetto reciproco: anche in caso di difficoltà o di separazione, non viene mai meno il senso del valore personale e quello dell’altro; ve ne sono altre in cui questi confini non esistono e i due soggetti reciprocamente entrano e violano in continuazione l’altro, le sue emozioni e i suoi sentimenti più profondi, agendo in modi assolutamente illeciti e procurando ferite molto profonde.
Abbiamo ripetutamente detto in questa sede che le relazioni sane devono prevedere spazi personali emotivi, affettivi e psichici, oltre che fisici, e devono tenere in considerazione il fatto che, pur facendo una vita di coppia in cui vi sono territori ed obiettivi comuni, vi sono però alla base due persone diverse che decidono di fare un tratto di strada insieme mantenendo ben ferma la propria individualità, anzi, facendola crescere.
Perché questo accada occorre maturità e, più che altro, differenziazione emotiva, una parola difficile che indica però una capacità di comprendere quali sono i confini personali comprendendo bene ciò che appartiene all’uno e ciò che, invece, è dell’altro, negoziando di volta in volta i bisogni che si affacciano nella vita di entrambi.
Nelle coppie simbiotiche di tutto questo non c’è traccia; si tratta di relazioni in cui tutto è con-fuso ed invischiato; non vi è definizione, scarsa separazione individuale in quanto l’identità di entrambi è fragile e, pertanto, ognuno la delega all’altro che avrà il compito di rispecchiarla e sostenerla.
In caso di forti conflitti emotivi o di cambiamenti imprevisti, appare subito grande aggressività perché queste coppie sono precarie e quindi appoggiano su su schemi relazionali rigidi e fissi e, in questa situazione, uno dei due può anche decidere di togliere il sostegno all’altro gettandolo nello sconforto. Questi comportamenti hanno alla base un conflitto di potere per cui c’è la tendenza a risolvere la propria ansia manipolando l’altro facendogli percepire la possibilità di “perdere” ciò che tanto faticosamente ha conquistato.
In questi strani rapporti di potere uno dei due apparentemente sembra più forte dato che è in grado di “ricattare l’altro”; in realtà entrambi sono estremamente dipendenti ed invischiati in un rapporto soffocante, per questo, possono dare vita a queste strane dinamiche in cui due persone intelligenti e in grado di fare tantissime cose nel mondo, in modo assolutamente indipendente, si trovano invece a dover mettere in atto strategie inaccettabili e a sottostare a ricatti pur di garantirsi qualcosa che pensano di non poter ottenere.
Eppure questi comportamenti che sembrano evidentissimi visti dall’esterno, nei due sembrano totalmente inconsci poiché per lungo tempo è pressochè impossibile vedere la manipolazione sia per chi la attua che per chi la subisce.
E’ chiaro che il ricattatore deve sapere bene su quali punti può far leva: in effetti, perché una dinamica di questo genere può accadere solo tra persone che sono molto intime e che si conoscono, o meglio, che conoscono a perfezione i punti fragili reciproci e così, in presenza di situazione che generano precarietà si può far leva sulla paura, sul senso del dovere e sul senso di colpa dell’altro paventando la possibilità di venir meno a qualcosa a cui l’altro, manco a dirlo, tiene tantissimo.
E’ chiaro che non ci potrà essere risoluzione fino a quando non si imparerà a vedere chiaro dentro alla relazione che si è creata tra ricattato e ricattatore.
In genere infatti, il ricattatore riesce a creare nell’altro una sorta di stato di trance dentro al quale la percezione delle proprie ragioni e, soprattutto, delle motivazioni, viene meno, restando solo uno stato di insicurezza e di nebulosità.
Spesso poi è difficile vedere “un ricattatore” dietro ad una persona che sembra offrire protezione e tenerezza e che si mostra innamorata e disponibile. Il ricatto emotivo è molto sottile e spesso non viene neppure registrato tanto che il ricattato può rimanere a lungo convinto della bontà dell’agire del partner.
Ciò che ha di interessante questo rapporto è il bisogno di complicità tra le due persone che “colludono”, ovvero giocano insieme una partita, anche se non lo sanno, perché entrambi hanno un bisogno particolare che è complementare a quello dell’altro.
Il ricattato infatti è un soggetto che non crede in sé stesso e nella sua autonomia e pensa di avere assolutamente bisogno dell’altro per poter vivere: in questa situazione è facile cedere a piccoli ricatti che poi, via via diventano maggiormente incisivi nel momento in cui si vuole maggior autonomia e maggior libertà.
Chi può diventare una “potenziale vittima” è una persona che fin da piccola ha subito manipolazioni a livello emotivo e quindi non sa mai cosa è veramente nel suo diritto. Il genitore cercava di ottenere le cose facendo leva sulla paura di perdere il suo affetto; oppure rendeva il figlio responsabile della sua felicità o infelicità, obbligandolo così a comportamenti falsati tesi a non far inquietare il genitore.
Infatti, il ricatto confonde molto le idee e, da adulti, quando un partner affettuoso cercherà di bloccare l’iniziativa adducendo protezione o paura per l’incolumità dell’altro, è facile per la vittima entrare in uno stato di trance e non capire bene quale sia l’esatta realtà. Bisogna pensare che il ricatto emotivo è sempre mascherato da “motivi nobili”, tuttavia, anche se, chi lo attua, può non avere coscienza dei propri bisogni e, soprattutto, non può riconoscere la sua paura.
Il ricattatore gioca sul fatto che l’altro ha bisogno e che è innamorato per cui, cederà con facilità alle richieste e così, quando non ottiene ciò che vuole passa dalla richiesta alla pressione giungendo anche alla minaccia.
La vittima, da parte sua, si sente in colpa se non riesce a soddisfare l’altro perché ha in mente che l’altrui felicità dipenda dai suoi comportamenti; il punto è che non sa “cosa deve e cosa non deve dare” e non sa che la sofferenza o la felicità sono stati d’animo personali che non possono essere indotti dall’esterno.
Il ricattatore fa sempre leva sulla paura dell’altro: si tratta della paura primaria, quella dell’abbandono. Il ricattato teme fortemente l’abbandono ed è per questo che evita di arrivare fino al punto in cui potrebbe anche verificarsi quell’opportunità.
Così, il ricattato si sente in colpa e il ricattatore sfrutta il senso di colpa e ottiene così di non trovarsi in una situazione di “impotenza”.
Ciò che non riesce a vedere il ricattatore è la “paura di perdere” e quindi c’è da chiedersi perché vincere ed essere potente è così vitale per loro, al punto da giungere a ricattare la persona che ama?
Il ricattatore infatti prima chiede, ma non accetta alcun “no”. Nel momento in cui ne riceve uno la sua psiche va in pezzi e, per evitare il peggio, mette in atto una serie di strategie che lo portano ad ottenere ciò che vuole, a qualsiasi prezzo, anzi ad un prezzo elevatissimo.
Se una persona deve arrivare a mettere in atto una manipolazione e un ricatto emotivo significa però che in cuor suo è certo di non avere chance e quindi non può che giocare pesante.
I ricattatori e i ricattati anche sempre forti combinazione plutoniane nel loro tema e più spesso opposizioni IIa – VIIIa; significa che hanno vissuto situazioni che li hanno lasciati nello sconforto e nell’impotenza. Da allora e in risposta a queste esperienze, i primi si sono equipaggiati per non “perdere” mai, ma siccome c’è anche una profonda sfiducia nelle proprie capacità di poter avere una relazione sana, allora passano al ricatto per ottenere ciò che pensano di non poter avere in modo chiaro e diretto; i secondi invece, sentono così poco il loro valore al punto da cedere sempre per cercare di tenere con sé ciò che pensano potrebbe lasciarli.
Per mettere fine a questa dinamica occorre che entrambi rafforzino il loro senso di autostima. Il ricatto infatti mette in luce zone di profonda insicurezza nella sfera delle risorse personali che ognuno dei due cerca di fortificare in modo disfunzionale ma assolutamente complementare a quello dell’altro.