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VENERE E I GIARDINI DI BABILONIA

a cura di Giovanni Pelosini
 

Da secoli si raccontano le meraviglie dei Giardini pensili di Babilonia: luoghi paradisiaci unici nell’antichità, con alberi, fiori e frutti sulle terrazze dei palazzi della città più bella e famosa d’Oriente, e veri e propri orti botanici, con specie vegetali provenienti da varie parti del mondo. Questa è l’unica delle sette Meraviglie ideata per scopi meramente edonistici ed estetici, e questo è uno dei motivi che la associano simbolicamente a Venere.

 

Le fonti antiche non ci aiutano molto nella localizzazione precisa dei mitici Giardini, anche se Erodoto non manca di rammentarli come una grande opera di ingegneria, particolarmente per ciò che riguardava il problema dell’irrigazione nei terrazzamenti superiori ed i complessi sistemi idraulici presenti. 

Si presume che ci fossero dei grandi bacini presso il fiume Eufrate e che da qui l’acqua fosse sollevata da una serie di ruote, azionate da schiavi o da animali, fino ad una cisterna collocata nei piani più alti dei palazzi. Da questa cisterna l’acqua sarebbe poi scesa per semplice caduta in numerosi canaletti irrigui che, all’occorrenza, davano luogo a cascatelle ornamentali.

La vista della monumentale città, piena di verde e di acqua in mezzo alle alte ziggurat, doveva essere veramente straordinaria.

Forse anche sopra l’imponente Porta di Ishtar, in mezzo alla duplice cinta muraria, si coltivavano piante rigogliose, e questo doveva fare una notevole impressione a chiunque entrasse in città lungo la strada principale di accesso, ornata di smalti azzurri ed oggi ricostruita al Pergamonmuseum di Berlino. Da qui entrò Alessandro Magno nel 331 a.C., acclamato conquistatore della città che all’epoca contava un milione di abitanti ed era la prima metropoli della storia. Un ingresso trionfale nella città che aveva l’antico nome di Bab-Ilu, la Porta di Dio.

 

Di norma l’edificazione dei Giardini viene fatta risalire al 590 a.C., quando a Babilonia regnava il celebre Nabucodonosor II, ma gli archeologi non hanno trovato in questa città resti certi delle imponenti strutture che avrebbero dovuto accompagnare questi parchi sopraelevati, al punto che qualcuno ha ipotizzato che una simile meraviglia fosse invece sorta a Ninive nel VII secolo a.C., sotto il regno di Sennacherib.

 

Una tradizione leggendaria invece attribuisce l’edificazione dei Giardini pensili di Babilonia alla mitica Semiramide, regina degli Assiri.

Se le notizie storiche di una certa regina Sammu-Ramat sono frammentarie e risalenti al IX secolo a.C., i miti su Semiramide sono numerosi e ben radicati.

Di lei si raccontava che ogni giorno visitasse i Giardini pensili, in cerca di rose fresche e di refrigerio dall’arido clima della Mesopotamia. Astrologicamente anche le rose sono un attributo di Venere, così come la sfrenata lussuria che fu attribuita alla regina.

Tale corrispondenza simbolica trova conferme nelle leggende, diffuse soprattutto nel Medio Evo, su Semiramide.

Si sostenne che era figlia della Dea Derceto e che governò e combatté come un uomo, e per questo fu associata anche al matriarcato, che aveva un’antica tradizione nel Vicino Oriente. Anche per questo motivo forse il suo comportamento fu tanto biasimato in epoca medievale. Paolo Orosio, discepolo di Sant’Agostino, scrisse che fu incestuosa e libidinosa oltre ogni limite, facendo leggi che rendevano lecito ogni eccesso nell’ambito dei costumi sessuali, e Dante Alighieri la pose per questo nel girone dei lussuriosi nell’Inferno (V, 55-60):

 

A vizio di lussuria fu sì rotta,

che libito fé licito a sua legge,

per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell’è Semiramìs, di cui si legge

che succedette a Nino e fu sua sposa:

tenne la terra che ‘l soldan corregge”.

 

Anche Boccaccio (De Mulieribus Claris) ne parlò come di una donna assai licenziosa e crudele, caratterizzandola come una sorta di “Lucrezia Borgia” ante litteram.

 

Non è un caso che la stessa Babilonia sia stata descritta in molte occasioni come città corrotta e degradata nei costumi, luogo di perdizione morale e fonte di ogni male. Le origini di tale credenza si trovano in molti episodi dell’Antico Testamento (particolarmente in Isaia e Geremia) e nell’Apocalisse (XVII) di Giovanni, che identificò Babilonia (forse metafora di Roma) con la “Grande Meretrice”:

Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra”.

 

La morale radicata nelle più antiche società patriarcali mal sopportava i liberi costumi della civiltà mesopotamica né il retaggio culturale matriarcale e pagano di cui essi erano una conseguenza. 

Lo stesso negativo e tranciante giudizio fu riservato a Semiramide, che pure rappresentava simbolicamente tutti i pregi ed i difetti che l’astrologia attribuisce al pianeta Venere, soprattutto nella sfera sessuale.

Se consideriamo come simbolo del “piacere” venusiano Semiramide e la sua stessa città, anche i mitici Giardini pensili assumono il loro reale significato di luogo paradisiaco finalizzato alla pura bellezza ed alla gioia dei sensi. Pare anche che le parole “giardino” e “paradiso” abbiano avuto, nell’antica civiltà babilonese, lo stesso significato. 

In epoche diversamente condizionate culturalmente, gli antichi storici Erodoto e Beroso furono assai più oggettivi nel giudicare la leggendaria regina, che si diceva avesse combattuto valorosamente e governato con saggezza il suo popolo.




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