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LA GUERRA DEI SIMBOLI

a cura di Giovanni Pelosini
 

Mai come in campagna elettorale è evidente il valore profondo dei simboli e la loro potenzialità attrattiva nei confronti della psiche profonda dei cittadini che si apprestano a scegliere il partito da votare.

Ne è una dimostrazione la recente diatriba fra “La Destra” di Storace e “Alleanza Nazionale”, in lite per la presentazione di simboli elettorali che il Ministero degli Interni ha ritenuto troppo simili il 4 marzo 2008, in attesa di inevitabili ricorsi e controricorsi.

 

Analizzando il logo dei due partiti, osserviamo che il campo è diviso in entrambi i casi nei colori bianco e azzurro: anche se le sfumature variano dal blu al celeste i due emblemi si somigliano molto nel richiamare simbolicamente in modo evidente il cielo limpido e rassicurante.

Come già ho avuto modo di spiegare in questa rubrica in occasione delle elezioni politiche del 2006, questi simboli hanno una struttura semplice e, di conseguenza, una immediata efficacia comunicativa.

 

La triplice fiamma che ricorda i colori della bandiera nazionale è riportata in entrambi i simboli elettorali. Si tratta della tradizionale fiamma del Movimento Sociale Italiano che da circa mezzo secolo ha fidelizzato una certa quota di elettori.

Quel Fuoco ascendente domina visivamente l’emblema ed esprime luce, calore, tradizione, uniti però alla passione, in questo caso politica, che spinge all’azione decisa, non priva dei rischi simbolici legati alla fiamma.

Quindi, se da un lato la fiamma ben si adatta a un partito conservatore con i richiami simbolici domestici e familiari, dall’altro non disdegna di evocare impliciti istinti rivoluzionari, essendo il Fuoco un emblema dal duplice significato.

 

Evidentemente il simbolo della fiamma risulta così evocativo per una quota non irrilevante di elettori da scatenare una vera guerra di carte bollate per il suo legittimo e possibilmente esclusivo possesso.

 

Il Fuoco passionale e fisico rivolto verso l’alto, cui Schneider attribuisce anche una valenza erotica, esprime indubbiamente energia e forza nell’immaginario individuale e collettivo; rappresenta dinamismo, azione, movimento, in opposizione alla stagnazione mortale.

Del resto, anche Eraclito vedeva nel Fuoco i valori positivi del primo Elemento, massimo agente di creazione e di distruzione nell’eterno ciclico trasformarsi del mondo.

 

Ma, mentre entrambi i simboli elettorali mostrano la fiamma con i tre colori della bandiera italiana nata a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797 come esplicita allegoria di un tradizionale sentimento nazionale e patriottico, il logo della Destra si differenzia per l’aggiunta di una fiaccola tenuta saldamente dalla mano di un tedoforo.

Questa presenza rafforza le valenze simboliche del Fuoco già menzionate, ma soprattutto manifesta la volontà di riprendere gli emblemi della “Giovane Italia” del 1954, del “Fronte della Gioventù” del 1972 e di “Azione Giovani” del 1996.

Una tradizione di destra che Storace rivendica nei confronti di Gianfranco Fini, che considera ormai proiettato verso il più moderato Partito Popolare Europeo, ma sempre preoccupato di mantenere il consenso degli elettori che in qualche modo facevano riferimento al vecchio Movimento Sociale e altri raggruppamenti di estrema destra.

 

Ecco che si scatena una guerra dei simboli, a dimostrazione della loro forza evocativa, e del loro enorme e sottile potere sulla psiche umana.

 

I simboli elettorali sono sempre stati contesi dai partiti che ne rivendicano il possesso, sempre considerati di massima importanza in funzione del risultato elettorale, talvolta comprati (e venduti) a peso d’oro, mai abbandonati come obsoleti o inutili orpelli.

 

In una fase storica in cui gli ideali sono in gran parte crollati e i cittadini esprimono distanza e diffidenza nei confronti della politica, sembrerebbe utile differenziare e rinnovare opportunamente anche i simboli dei partiti, ma i fatti ancora una volta dimostrano quanto siano importanti l’aspetto emotivo e le scelte inconsce al di là del puro ragionamento logico e razionale.

 

Viene da chiedersi se, al momento del voto, nel porre una croce su un logo, prevalga il cervello destro o quello sinistro ... e ogni allusione agli schieramenti politici è stavolta davvero non voluta.




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