In una campagna elettorale che vede alcune novità significative nell’ambito delle alleanze e dei programmi, gli emblemi presentati mostrano in gran parte povertà di idee e modestia grafico-simbolica, a cui si cerca di sopperire con slogan e scritte, quasi sempre in riferimento al nome del leader candidato alla Presidenza del Consiglio.
Così, mentre perennemente si litiga per il possesso del logo con lo scudo crociato di antica tradizione democristiana, oppure per la fiamma tricolore, altri inventano stemmi di scarso o nullo interesse dal punto di vista simbolico: di questi non parlerò in questa rubrica.
Suscita invece un certo richiamo simbolico l’inedita proposizione in campi avversi di due fiori, che, superando l’ormai scomparso garofano e la relativamente effimera margherita, rievocano una antica guerra feudale inglese nota come “Guerra delle due Rose”.
Osserviamo, infatti, che l’emblema del Partito Socialista di Boselli ha sostituito il tradizionale garofano rosso con una altrettanto rossa e fiorita rosa che sembra spuntare dal cerchio di dodici stelle richiamante l’Unione Europea, come pure fa la sigla in basso del Partito Socialista Europeo.
La rosa rossa non è una novità per i socialisti italiani, che già la usarono insieme al Partito Radicale nella ben nota coalizione detta “Rosa nel Pugno”.
Singolare è invece la contemporanea nascita del nuovo partito “La Rosa Bianca” di Tabacci e Baccini, che nasce da una scissione dell’UDC, con la quale per altro si sta fondendo in una nuova riaggregante alleanza di centro. Al di là delle vicende politiche che poco interessano lo studioso di simboli, è rilevante la struttura allegorica del logo.
Per prima cosa, la rosa bianca appare un fiore giovane, appena sbocciato e, per questo, ben diverso dalla rosa rossa appena descritta. Il disegno è semplice ed essenziale, ben distinto dallo sfondo scuro ed integrato soltanto dallo slogan “libertà e solidarietà”. La scelta appare oculata come richiamo a certi valori della vecchia Democrazia Cristiana, della quale, non potendosi appropriare dell’ambito simbolo grafico, si riprende il concetto del “bianco fiore”, già famoso agli albori della Repubblica.
La rosa è un simbolo antico di grande e vario significato di cui già ho parlato in questa rubrica nel corso delle elezioni politiche del 2006.
I simboli della rosa, fiore d’amore e di bellezza, si sono stratificati nei secoli con allegorie ermetiche e significati numerosi e complessi. La spirale della disposizione dei petali richiama l’antico simbolo della ruota e lo scorrere eterno del tempo, e la rosa da sempre è emblema del femminile pianeta Venere e dei miti collegati alla Grande Dea Madre, prima di diventare simbolo cristiano della Vergine Maria.
Un cespuglio di rose bianche sorse dalla schiuma del mare insieme alla dea Afrodite, e fu il suo stesso sangue a tingere i fiori di rosso.
Sarà interessante vedere il risultato elettorale delle due compagini il 14 aprile 2008 in relazione a quanto successe in Inghilterra fra il 1455 e il 1485. Un durissimo conflitto dinastico degenerato in guerra civile vide contrapposte due famiglie per la conquista del trono: i Lancaster, che avevano come insegna araldica una rosa rossa, e gli York, che invece avevano nello stemma una rosa bianca.
Entrambe le famiglie discendevano da figli cadetti del re Edoardo III Plantageneto ed avevano buoni motivi per rivendicare la corona.
In quell’epoca di grande turbolenza economica e politica, i vari feudatari si divisero in fazioni, e non mancarono aiuti stranieri, tradimenti e cambiamenti repentini di campo. La maggior parte dei baroni del nord si schierarono con la Rosa Rossa, mentre i borghesi e la piccola nobiltà parteggiavano in gran parte per la Rosa Bianca.
La guerra fu lunga ed incerta favorendo alternativamente le due Rose in battaglie che sembravano decisive, ma mai lo furono del tutto fino al 1471. In quell’anno Edoardo IV di York, con la sua Rosa Bianca, mise fine al predominio Lancaster, ma la sua dinastia ebbe una breve vita.
Dopo violenti scontri armati, la corona d’Inghilterra divenne stabile proprietà di Enrico Tudor nel 1485, ed è opportuno ricordare che sua madre era erede dell’emblema della Rosa Rossa dei Lancaster.
Chissà se anche nella politica italiana di questo inizio di millennio (per certi versi non meno travagliato della fine del Medio Evo britannico) le due Rose avranno alterni successi e si scontreranno per lunghi anni?
Se condottieri della Rosa Bianca si schiereranno nel campo avverso, come fece Richard Neville, che poi pagò con la vita?
Se infine prevarrà un erede della Rosa Rossa, magari con altro nome?
Chi vivrà vedrà.