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PIACERE A SE STESSI E AGLI ALTRI

a cura di Lidia Fassio
 

Parlando dei simboli di Venere e del suo domicilio primario in Bilancia, è importante affrontare il significato della parola “piacere”.

 

Senza dubbio ognuno di noi ha una vaga idea di cosa vuol dire “piacere” ma, quando si nomina questa parola tutti si immaginano prevalentemente il desiderio che si prova a piacere agli altri e ciò che si prova quando qualcuno ci piace immensamente. Il termine tuttavia si usa per intendere varie cose ma nasce in primis da un assunto iniziale potentissimo di cui il bambino è provvisto già alla sua nascita.

 

Sigmund Freud ha costruito la sua teoria sul “principio di piacere” e, con questo termine egli intendeva la riduzione della quantità di eccitazione e dispiacere l’aumento di tale tensione. I bambini nascono immersi nel principio di piacere e solo alcuni anni dopo emerge il principio di realtà che li porta a introiettare pian piano le regole e alla costruzione di un super io.

 

Il bambino nasce attrezzato con due grandi potenzialità: aggressività e istinto vitale (Ariete Marte) da un lato nonchè capacità di distinguere ciò che piace da ciò che non piace ed una buona dose di seduttività (Bilancia e Venere) dall’altro. L’asse ascendente/discendente indica infatti l’attrezzatura di cui siamo dotati quando veniamo al mondo e, in ogni caso il bambino è in grado di riconoscere e di andare, senza alcun dubbio, verso ciò che gli dà piacere e lo gratifica cercando di evitare più che può la frustrazione e il dolore.

La natura ci ha quindi predisposti a ricercare gratificazione e, sicuramente olfatto, tatto e gusto sono tutti finalizzati ad andare in quella direzione; tutti gli organi di senso in ogni caso tenderanno sempre a portarci verso ciò che ci piace: non a caso, anche la vista e l’udito che si svilupperanno meglio nella fase di casa II e III sono attratti da ciò che ci colpisce, ci interessa e ci piace.

 

Sono proprio il piacere e il desiderio le molle che  ci spingono a cercare di trovare dentro e fuori  ciò che può darci sollievo e gratificazione. Certo, all’inizio della nostra vita è il bisogno ad avere la meglio e, senza dubbio, sono le pulsioni che ci spingono a cercare soddisfazione in modo da eliminare la tensione che si è creata.

 

Proprio da questi primi approcci verranno poste le basi di ciò che poi considereremo “erotico” e che, di conseguenza, ricercheremo da adulti nella vita sotto diverse forme.

Il piacere tuttavia, soprattutto se andiamo ad analizzarlo nella figura di Afrodite che ne è sicuramente la signora, ha tantissime connotazioni che prendono appunto il via dalla sensazione iniziale di “essere piaciuti”, di essersi sentiti “gratificati” e di aver sentito “benessere” e “valore”.

 

Senza dubbio nella sua sede Bilancia, Afrodite personifica anche il senso estetico da cui nasce la capacità di “rendere bello” ciò che si tocca; lei era considerata colei che “trasformava e rendeva bello ciò con cui veniva a contatto”; possiamo partire in questo simbolo dall’Amore altro simbolo di Venere che ha proprio la capacità di “rendere bello” ed in effetti quando guardiamo con gli occhi dell’amore tutto assume una dimensione diversa, più bella e più accattivante per noi.

Afrodite in Bilancia rappresenta poi il concetto di “armonia” che si esprime nel segno anche nelle più piccole cose; dal senso estetico al gusto raffinato che si sente colpito di fronte a qualunque cosa che non sia armonica, da due colori a due persone che litigano o che non si conciliano. 

Il concetto principe della Bilancia è quello di permettere l’armonizzazione tra le forme, tra le persone e tra le cose e, per questo, tenta sempre impossibili mediazioni, conciliazioni e contrattazioni pur di non dover arrivare a separazioni, creando invece nuove possibilità di unione e di relazione.

 

Due sono le divinità che hanno a che fare con il piacere: l’una è Afrodite e l’altro è Dioniso che però rappresentano i due lati dello stesso: la prima è il lato nobile ed evoluto del piacere, il secondo è il lato più selvaggio; entrambi possono portare all’estasi ma le strade sono diverse. Dioniso è miticamente legato a Nettuno, un pianeta legato all’inconscio che ci parla del prorompere di stati di coscienza alterati che prendono vita  dal desiderio di andare al di là dei limiti e dei canoni riconosciuti; questo non succede con Afrodite che, ovviamente, ha finalità diverse e, soprattutto ama tutto ciò che viene coltivato e raffinato senza alcuna impazienza ma, soprattutto, rappresenta tutto ciò che può avvicinarsi all’ideale di perfezione e che, pertanto, spinge a migliorarsi e a creare sempre forme più precise e perfette. Venere rappresenta anche il “desiderio” che, come ben sappiamo, può esistere solo nell’attesa e nella fantasticazione della futura  gratificazione ma in assenza di essa.

 

Afrodite rappresenta tutto ciò che è curato e che pertanto è raffinato, bello e pieno di grazia. Con questo non si può pensare che la nostra Dea non prenda in considerazione le persone che non sono belle, anzi, è proprio lei che insegna come “rendersi belli e desiderabili”, come trasformare qualcosa di “naturale” in qualcosa di seducente e di irresistibile partendo dal discorso della valorizzazione e della ricerca interiore degli stati di grazia che, sono indubbiamente, legati a questa divinità.

 

Oggi tutte le donne hanno il mito della bellezza ma non per questo sono in linea con Afrodite in quanto lei era la prima a trasgredire quelli che erano i canoni imposti dall’esterno cercando invece cosa da dentro poteva valorizzarla. Una donna che voglia aderire ai canoni di bellezza che vengono imposti dall’esterno finisce infatti per perdere il contatto con sé stessa e con la divinità interiore consegnandosi ad un disagio profondo. La sensazione di benessere e di fascino che Afrodite può dare nascono dall’accettazione di sé che produce “valore e autostima”. 

Noi non possiamo essere “belli” se non ci amiamo e questo sembra essere uno dei suggerimenti più profondi di questo archetipo: l’amore deve iniziare innanzitutto come amore di sé e, solo in un secondo momento, può diventare amore per l’altro e per gli altri. Quando una donna non riesce a percepirsi bella e desiderabile finisce per non amarsi, per allontanarsi dalla grazia interiore mettendo così una seria ipoteca sul suo valore e sul desiderio di “esser amata”.

La bellezza per Afrodite è un’arte ed è un’arte femminile che riguarda tutto ciò consideriamo “cultura” – qualcosa che raffina la natura – sia che la vediamo in un palazzo, in un ricamo, nella cura degli abiti, o  delle case o, infine, nel  tempo che si dedica a sé stessi; in tutte queste cose si deve ritrovare “il piacere” che, per la Dea,  è la via di accesso a tutto ciò che eleva e conduce alla spiritualità.

Afrodite ci ricorda che è la bellezza che ha permesso il passaggio dal “naturale” al “culturale” e condivide in questo molte cose con il Dio Apollo; in effetti Afrodite è un principio educatore che permette di trasformare e di rendere più raffinato e sofisticato qualsiasi prodotto naturale.

In pratica, dove c’è grigiore, routine e monotonia non ci può essere Afrodite e quindi, dove lei non c’è il mondo diventa spento e tutto assume una dimensione di necessità e di essenzialità in cui tuttavia mancano la bellezza, la  fantasia e l’immaginazione, così necessarie per vivere.

 

La bellezza, secondo Afrodite  deve entrare in tutti i luoghi perché è una componente della vita; dove non c’è bellezza c’è solo squallore e la vita annega dentro ad esso.

Dice Ginette Paris: “se si privilegia solamente la potenza civilizzatrice di Apollo e si trascura la capacità di rendere bello di Afrodite, gli ospedali, i luoghi di lavoro e le abitazioni somigliano più a caserme che non templi dedicati alla Dea”.

 

La bellezza per Afrodite è strettamente collegata al fascino e all’arte della seduzione nonché a tutto ciò che può stimolare il desiderio, in primis gli sguardi e l’abbigliamento: Afrodite si vestiva di veli e si muoveva sinuosa dentro ad essi; sosteneva infatti che la nudità è nemica dell’eros e depotenzia la sessualità e quindi, possiamo dire che ciò che lei sosteneva allora è assolutamente giusto anche adesso; per assurdo oggi siamo nell’epoca della nudità e la sessualità è fortemente depotenziata ed in crisi come in crisi è la relazione. Manca la capacità di immaginare e questo uccide la sessualità in quanto non c’è più erotismo.

 

Ciò che intendeva la Dea non ha niente a che vedere con ciò che intendiamo oggi anche per quanto concerne il discorso della bellezza.

Per assurdo proprio in un momento storico in cui abbiamo grandi possibilità di vestirci bene, di coltivare il nostro corpo e l’arte del trucco e di tutto ciò che serve alla seduzione, ci troviamo invece molto distanti dal  significato autentico di “benessere” che sta ad indicare “star bene con sé stessi”. Le donne si sottopongono a stress infiniti pur di apparire magre, subiscono interventi estetici per aderire a canoni che nulla hanno a che fare con sé stesse e tradiscono così un concetto profondo di Afrodite: quello di piacere a sé stesse, unico modo per sentirsi belle e seducenti anche con gli altri.

 

Essendo Venere legata al desiderio e all’erotismo rappresenta anche la sessualità femminile, molto diversa da quella maschile più genitalizzata e quindi, in linea di massima più vicina a Marte; la sessualità femminile  non può fluire spontanea se la donna non ha un buon rapporto con il proprio corpo e se non riesce quindi a concedersi, non tanto all’altro ma all’amore e al piacere, perché l’atto sessuale in sé finirebbe per essere un insieme di tecniche apprese che, anche se molto sofisticate, non permetterebbero mai l’entrata in gioco della vera arte che, invece, è la vera componente afrodisiaca che può liberare anche la creatività.

 

Ci sono aspetti di questa divinità che sconfinano nel lato più luminoso della magia e, sicuramente, quello che si può creare tra due persone che si uniscono perché colpite dalla freccia dell’amore, ha del magico ma,  affinchè questo possa accadere, ognuno dei due deve essere in contatto con la propria interiorità con la propria identità e con il valore personale dopo di che l’abbandonarsi al desiderio e all’attrazione creerà le condizioni per quel “lasciarsi andare all’intimità e al piacere” che farà la differenza nell’incontro amoroso.

La sessualità è dunque uno stato di grazia ma, per raggiungerlo, si deve contattare il lato divino dell’archetipo altrimenti entra, come è accaduto nelle religioni monoteiste, nella dimensione del peccato che la trascina nel lato ombra, demoniaco e diabolico.

In effetti, dalla degradazione della sessualità operata in modo massiccio dalla filosofia giudaico cristiana  possono nascere forme assurde di piacere distorto e trasgressivo che però si discostano tantissimo da ciò che insegnava Afrodite poiché entrano preferenzialmente nella sfera di Plutone e di Nettuno nel suo lato dionisiaco. Ciò che si lega alla divinità femminile è invece strettamente pieno di “grazia” e favorisce il benessere individuale in quanto Venere è un pianeta personale che favorisce il rapporto con sé stessi e con ciò che può aumentare il senso di conoscenza di sé e del proprio corpo proprio nell’incontro con l’altro con il quale può prendere il via quel senso di unione che apre al processo di individuazione e a quel  sentirsi “non divisi” ma  “uniti” prima di tutto all’interno, poi con l’altro e, infine con la totalità.




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